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Donatella Principe

Debito Italia, per ora nessun rischio all’orizzonte di finire tra i titoli spazzatura

Donatella Principe (Fidelity International): “La situazione del debito italiano rimane in forte e costante evoluzione ma manteniamo a riguardo una visione relativamente costruttiva”.

2 Novembre 2018 07:50
financialounge -  Donatella Principe Fidelity International italia manovra Morning News

Da metà maggio, cioè da quando è trapelata la famosa bozza del programma Lega 5Stelle, poi smentita, che ipotizzava l'uscita dall'euro, si sono intensificate le pressioni sui titoli di stato italiani, con lo spread (il differenziale di rendimento tra il btp italiano e il bund tedesco a 10 anni) balzato in area 300 punti base. Abbiamo chiesto a Donatella Principe, Responsabile Market e Distribution Strategy di Fidelity International, di fare il punto della situazione italiana per comprendere l’attuale momento e, soprattutto, quali potrebbero essere le possibili evoluzioni.

Anche S&P si è pronunciata sul debito Italiano lasciando invariato il giudizio di merito del credito ma portando l’outlook da neutrale a negativo: ritiene che le attuali quotazioni dei titoli di stato italiani incorporino già questo declassamento oltre a quello di Moody’s?


"S&P nell’ottobre dello scorso anno aveva rivisto al rialzo il rating del Paese, da BBB- a BBB e assegnando un outlook stabile: era quindi altamente probabile che la prima azione di S&P non fosse un taglio del rating bensì una revisione dell’outlook. Questo è puntualmente ciò che è successo la scorsa settimana e la reazione del mercato è di recupero ma comunque molto moderato. E’ il caso di fare un po’ di chiarezza sulla situazione dell’Italia rispetto alle 4 maggiori agenzie di rating: 3 di queste agenzie, ovvero S&P, Fitch e DBRS, ci pongono due livelli al di sopra di High Yield. Una sola invece, Moody’s, ci pone ad un solo livello al di sopra della sogli non investment grade. Questo è significativo in quanto comporta che l’Italia non corra, nel breve, il rischio di avere un rating high yield, cosa che ci porrebbe al di fuori degli indici obbligazionari. Inoltre bisogna tenere conto del fatto che la BCE acquista titoli dei governi in base al principio del best rating, quindi è sufficiente che una sola agenzia mantenga il giudizio investment grade perché i titoli italiani siano eleggibili, cioè idonei all’acquisto da parte della banca centrale europea. Dunque l’uscita dagli indici obbligazionari non è un rischio che vediamo all’orizzonte. Tuttavia rimangono le criticità rispetto all’attuale proposta di DEF del governo italiano".

A questo punto, sebbene sia auspicabile una trattativa tra la Commissione Ue e il governo italiano sui contenuti della prossima legge di bilancio, tutto lascia prevedere che l’esecutivo italiano (forte del sostegno popolare, dei sondaggi e dei voti in parlamento) andrà avanti senza spostarsi molto (se non per niente) dalla posizione attuale. Se lo spread rimanesse su questi livelli cosa potrebbe costringere il governo italiano a fare marcia indietro?


"Attualmente ci sono due possibili scenari: il primo è la via del compromesso con la UE, cosa fortemente voluta da quest’ultima; in alternativa vi è lo scontro. Questa seconda opzione porterebbe a una procedura contro l’Italia per debito eccessivo che potrebbe arrivare, se l’Italia non rivedesse la sua legge di bilancio, alla richiesta di un deposito infruttifero pari allo 0,2% del PIL, che potrebbe essere trasformato successivamente in ammenda qualora l’Italia continuasse a non regolare la legge di bilancio. In aggiunta, la Banca europea per gli investimenti potrebbe rivedere la sua politica di prestiti nei nostri confronti. Purtroppo questa è un’incertezza che ci porteremo fino alla primavera prossima almeno. Gli impatti sul mercato di questa situazione li stiamo vedendo ormai da diversi mesi, con impennate dei rendimenti e spread, senza contare il crollo del mercato azionario, pari a circa il -14% da inizio anno e dai massimi di quest’anno circa un -24%, cosa che ci pone ufficialmente in bear market".

Alcuni osservatori ritengono che la strategia del governo italiano sia quella di arrivare alle prossime elezioni europee di maggio 2019 per far leva sulla probabile riconfigurazione delle forze politiche in tutta Europa e modificare le regole Ue anche in tema di bilancio. Ritiene che la Troika (Fmi, Bce e Ue) possa intervenire prima di allora, e in quali circostanze, per imporci condizioni similari, o sulla falsariga, di quelle della Grecia?


"Sebbene spread e CDS (credit default swap, i contratti che permettono di assicurarsi contro i rischi di default degli emittenti, ndr) siano aumentati, la situazione di stress del mercato italiano è lontana da quella della crisi del 2011, grazie all’esistenza di nuovi meccanismi internazionali di supporto (QE, ESM...), a una situazione migliore dell’economia italiana e alla base più solida degli investitori in titoli di stato nazionali (per il 70% italiani). Ecco perché se il mercato nel 2011 classificava l’Italia come uno dei primi 10 paesi al mondo per rischio di default, oggi questa probabilità (per noi comunque eccessiva) viene stimata nei prezzi attuali al 12%. Non appaiono esservi i presupposti per uno scenario da Troika, specie nel nuovo complesso di regole post-2011. Per quanto riguarda invece le banche, bisogna monitorare il rischio di una fuga di capitali: se così dovesse essere a nostro avviso il worst case scenario sarebbe il ricorso all’ ELA (Emergency Liquidity Assistance) della BCE, cosa che però dovettero fare solo le banche greche nel momento di stress peggiore. Dunque attualmente non riteniamo che sia uno scenario plausibile nel breve termine. La situazione insomma rimane in forte e costante evoluzione, ma manteniamo a riguardo una visione relativamente costruttiva".
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