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Anton Brender

Economia globale ostaggio dell’incertezza

Cina, Europa e Usa sono alle prese con problemi di diversa natura che rallentano le rispettive crescite. E non si tratta solo dei dazi

di Antonio Cardarelli 20 Giugno 2019 07:00

Incertezza è la parola chiave per riassumere il momento dell’economia globale. L’incertezza è il filo che unisce Europa, Usa e Cina e sempre con l’incertezza, di conseguenza, hanno a che fare le banche centrali che cercano di scrutare un futuro - neanche a dirlo - poco definito.

I FOCOLAI


Nonostante una prima parte d’anno sicuramente migliore, per il mercato azionario, rispetto alla fine del 2018, i diversi focolai di rischio sparsi nel mondo non fanno dormire sonni tranquilli agli investitori. Tensioni nello stretto di Hormuz sul petrolio, attività manifatturiera debole, livello delle scorte elevato e l’onnipresente scontro sui dazi tra Cina e Usa sono gli elementi più rilevanti secondo l’analisi di CANDRIAM riportata nell’ultimo outlook economico e finanziario.

IN CINA MARGINI LIMITATI


A soffermarsi sulla Cina è Anton Brender, Chief Economist di CANDRIAM, che evidenzia come “i margini di manovra del governo sono più limitati” per contrastare gli effetti della guerra commerciale. Aumento degli investimenti e sostegno al potere d’acquisto delle famiglie delle zone rurali, infatti, hanno incrementato il peso del debito che rischia di imboccare “un percorso insostenibile”.

LA PAZIENZA DELLA FED


Più solida, invece, l’attività negli Usa anche se il +3% del Pil nel primo trimestre 2019 riflette un aumento delle scorte. I primi effetti della normalizzazione monetaria, e anche quelli della guerra commerciale, iniziano tuttavia a manifestarsi”, spiega Brender. Uno degli indicatori chiave dell’economia americana – gli investimenti residenziali – ha subito un rallentamento e anche gli investimenti delle imprese cominciano a decelerare. Non a caso la Fed ha cambiato il proprio atteggiamento passando da un restringimento a una fase attendista, che probabilmente sfocerà in un taglio dei tassi nell’anno in corso: “Dandosi il tempo di osservare l'evoluzione dell'economia – commenta Brender - la Fed sembra aver imparato dal passato, quando i cicli di contrazione hanno portato l’economia alla recessione”.

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LA SITUAZIONE IN EUROPA


In Europa gli osservati speciali sono due: Germania e Italia. Senza però dimenticare la Francia, accomunata proprio all’Italia dall’aumento del populismo dovuto, secondo Florence Pisani, Head of Economic Research di CANDRIAM, “all’erosione di posti di lavoro intermedi”. Come noto, l’economia tedesca ruota principalmente intorno all’automotive, un settore già in difficoltà che potrebbe risentire pesantemente di una stretta sui dazi. Tuttavia, spiega Pisani, la resilienza delle imprese e il sostegno fiscale in atto in molti Paesi dovrebbe portare a un crescita dell’1,3% dell’Eurozona nel 2019.

GERMANIA E ITALIA: SCELTE DISCUTIBILI


Merita poi un cenno, nell’analisi di Pisani, il diverso approccio al debito pubblico di Germania e Italia. Nel primo caso il Paese avrebbe bisogno di investimenti pubblici nelle infrastrutture, ma il Governo – che potrebbe permetterselo visto i tassi dei Bund inferiori allo zero e un rapporto debito/Pil al 60% - preferisce mantenere un avanzo dell’1,5% invece di un deficit, sostenibile, del 2%. Al contrario l’Italia, con un rapporto debito/Pil superiore al 130%, continua a perseguire politiche che, se la crescita non dovesse concretizzarsi, “rischiano di mettere a repentaglio la sostenibilità del debito pubblico del Paese”.
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