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Verso una fine d’anno densa di dubbi e preoccupazioni

Nell’ultimo Weekly Market Review gli esperti di AMUNDI passano in rassegna i timori riguardanti la crescita dell’economia globale, le politiche monetarie e la guerra commerciale.

11 Dicembre 2018 10:12

Il 2018 sta per concludersi senza aver chiarito nessuno dei tanti dubbi che pervadono la mente degli investitori. Né quelli relativi alla traiettoria della crescita economica globale, né quelli inerenti le politiche monetarie delle principali banche centrali e nemmeno l’evoluzione della guerra commerciale.

TIMORI PER LA CRESCITA DELL’ECONOMIA


Cominciamo dalla crescente preoccupazione sulla solidità dell’economia mondiale e del rischio politico che nelle scorse settimane hanno alimentato la volatilità e l’avversione al rischio degli investitori, tornati in massa verso i cosiddetti porti sicuri: il risultato, come fanno notare nel loro ultimo Weekly Market Review gli esperti di AMUNDI, è che mentre il bund decennale tedesco offre un rendimento di un quarto di punto percentuale (addirittura al di sotto di quanto rendeva a inizio anno), il Treasury USA a 10 anni è scivolato al di sotto del tre per cento dopo che aveva raggiunto il 3,26% poco tempo fa.

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LE SPINE DELLE BANCHE CENTRALI


Passando alle banche centrali, nelle ultime settimane quella statunitense sembra ora divenuta più accomodante nei toni, con i membri del FOMC (Federal Open Market Committee, l'organismo della Federal Reserve che si occupa dei tassi di interesse) che appaiono sempre più divisi sull’evoluzione della traiettoria monetaria. Ancora più complessa, come sottolineano i professionisti di AMUNDI, la situazione nella zona euro dove la BCE deve fare i conti sia con la eterogeneità delle dinamiche economiche all’interno della zona dell’euro e sia con la fine del ciclo economico USA.

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L’ACCORDO TRA USA E CINA


Infine, ma non certo per importanza, la situazione della guerra commerciale tra Washington e Pechino. Nel corso del vertice dei G20 a Buenos Aires, la Cina e gli Stati Uniti hanno siglato un accordo che ha sospeso l’aumento dei dazi americani previsto per il 1° gennaio 2019: se però entro 90 giorni dal primo dicembre non sarà raggiunto un accordo tra le due parti, le tariffe del 10% verranno portate al 25%.

LIMITATI I RISCHI DI DOWNSIDE


“Si tratta di un accordo ancora temporaneo mentre per una soluzione definitiva alle controversie è necessario molto più tempo perché sono molti i punti complicati da risolvere” puntualizzano gli esperti di AMAUNDI che, tuttavia, ammettono che almeno nell’immediato l’accordo potrebbe ridimensionare in parte i rischi di downside e limitare gli impatti sul commercio nel primo trimestre del 2019.

LE DUE FACCE DI PECHINO


Il problema è che Pechino, mentre immediatamente dopo l’annuncio dell’accordo si è impegnata ad attuare gli impegni assunti sui prodotti agricoli, sulle automobili e sull’energia, in parallelo ha annunciato una serie di nuove misure particolareggiate miranti a rafforzare la protezione della proprietà intellettuale. Un aspetto non affatto secondario nella contesa tra Washington e Pechino come ha in parte confermato l’arresto il primo dicembre in Canada di Melle Meng, CFO e figlia del direttore generale di Huawei, sebbene i funzionari cinesi sembrino intenzionati a impedire che questa notizia pregiudichi i negoziati commerciali con gli Stati Uniti.

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