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Obbligazionario: anno nuovo, trend vecchi

L’economia rallenta e le prospettive dell’inflazione vengono riviste al ribasso; in questo quadro, scendono i rendimenti dei titoli di Stato “rifugio”, secondo la Weekly Market Review di Amundi. Sul mercato azionario l’anno inizia all’insegna della volatilità

7 Gennaio 2019 15:40

Il nuovo anno si apre in linea con il vecchio: almeno per quanto riguarda i mercati obbligazionari, il 2019 nasce sotto gli stessi auspici dell’anno precedente. Come spiega la Weekly Market Review a cura del team Research, Strategy and Analysis di Amundi, “i rendimenti dei titoli di Stato ‘rifugio’ sono scesi in un contesto caratterizzato dalla revisione al ribasso delle aspettative di inflazione, visto che i segnali macroeconomici recenti confermano un rallentamento, ma non un indebolimento, dell’economia”.

IL PETROLIO SPINGE VERSO IL BASSO L’INFLAZIONE


Per quanto riguarda l’inflazione, “negli ultimi due mesi del 2018 le aspettative per la zona euro sono state nettamente riviste al ribasso e questo trend è proseguito nei primi giorni del 2019”, notano gli esperti di Amundi, secondo cui il brusco calo del prezzo del petrolio occorso nel quarto trimestre del 2018 ha accentuato questa forte flessione. In ogni caso, la revisione al ribasso dei rendimenti obbligazionari si è verificata in un contesto di rivalutazione non solo degli stessi rendimenti, ma anche delle previsioni per i tassi di riferimento. Diversa la situazione negli Usa, dove, secondo l’analisi, il calo del rendimento dei Treasury decennali osservato a partire da novembre è proseguito anche nei primi giorni del 2019. Inoltre, negli ultimi due mesi del 2018, il mercato ha rivisto le sue attese sui rialzi dei tassi nel 2019 a opera della Fed, e la probabilità che non avvenga alcun rialzo è ora salita all’80%. In base ai futures sui Fed fund, fa sapere l’analisi, “la probabilità di un rialzo dei tassi nel 2019 è scesa addirittura al 5%. Analogamente, la Bce non prevede più di alzare il costo del denaro nel quarto trimestre di quest’anno”.

PALLA ALLE BANCHE CENTRALI


Il trend analizzato sopra trova origine prima di tutto dai timori riguardo alle prospettive della crescita e alla volatilità degli attivi rischiosi, con gli ultimissimi segnali provenienti dagli indicatori anticipatori che confermano uno scenario di rallentamento della crescita. L’indice Ism manifatturiero pubblicato giovedì ha evidenziato un calo superiore al previsto, con una flessione di oltre cinque punti in un solo mese. Tuttavia, nonostante il rallentamento congiunturale, l’indice, attestatosi a 54,1, segnala ancora un’espansione. E anche per quanto riguarda i bond societari “le valutazioni sono generalmente in linea con il quadro di rallentamento suggerito dagli indicatori anticipatori”. In conclusione, i rendimenti delle obbligazioni “rifugio” appaiono piuttosto esagerati visto il quadro pessimista implicato dalle attuali valutazioni, soprattutto tenendo conto dei parametri storici, mentre i premi al rischio sono più in linea con gli indicatori anticipatori. “L’ultima flessione dell’indice Ism sembra riportare la palla nel campo delle banche centrali”.

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AZIONARIO: PRIVILEGIARE GLI USA


Per il mercato azionario l’anno è iniziato all’insegna di una forte volatilità a livello globale. Secondo l’analisi di Amundi, le performance dall’avvio dell’anno sono state generalmente negative; l’avversione al rischio rimane elevata ed è aumentata a seguito dei dati deludenti sul settore manifatturiero in Cina. La società mantiene una posizione prudente e segue con attenzione il ritmo dei rialzi dei tassi della Fed; inoltre, Amundi consiglia agli investitori di adottare un posizionamento neutro sul mercato azionario e di privilegiare le azioni americane, perlomeno fino a quando non si produrrà un decoupling in termini di crescita. “Visto che ci troviamo in un contesto di fine ciclo, rimaniamo ottimisti sul value e sui rendimenti da dividendi”.

TIMORI SULLA FRENATA DELLA CRESCITA


Anche sul fronte dei tassi di cambio, la contrazione degli indicatori anticipatori cinesi ha ravvivato i timori di un rallentamento della crescita mondiale. Queste inquietudini hanno pesato sui mercati dei cambi, in particolare sul cambio USD/JPY, in calo, e sempre fortemente correlato alla tendenza ribassista dei rendimenti dei Treasury Usa. L’euro ha ceduto terreno nei confronti del dollaro Usa anche per via dei timori relativi alla crescita, nonostante gli indici Pmi manifatturieri nella zona euro siano in linea con le stime di consenso. L’avversione al rischio e la revisione al ribasso delle previsioni sui tassi di riferimento e di crescita per il 2019 nelle economie avanzate dettano l’andamento dei mercati dei cambi.

DOMANDA E OFFERTA INFLUENZANO I PREZZI DELLE COMMODITY


Infine, uno sguardo alle commodity. Questa settimana il WTI e il Brent sono saliti di quasi il 4% dopo che l’Opec ha tagliato le esportazioni, spiega la nota di Amundi. Le quotazioni dell’oro hanno continuato ad aumentare, con un incremento di circa l’1%. “L’andamento dei prezzi delle materie prime continuerà a dipendere dalle previsioni sulla domanda e sull’offerta nel 2019”, fattori che iniziano a pesare sui metalli di base e sul petrolio a causa dei recenti dati economici.
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