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Perché non c’è una recessione in vista

Secondo Meier (Allianz GI) sebbene i modelli interni segnalino difficoltà di carattere strutturale, un aumento delle fragilità e una maggiore volatilità, una recessione nei prossimi 12 mesi non è affatto certa

di Redazione 25 Settembre 2019 14:38

Quanto accaduto nelle ultime settimane offre alcuni elementi di speranza sullo scacchiere economico. Niente di spettacolare, intendiamoci, ma alcune tessere del puzzle si sono incastrate in un quadro che, adesso, appare leggermente meno negativo. Le tessere in questione sono rappresentate da spiragli per una Brexit meno ‘dura’, aperture nelle dispute commerciali tra Washington e Pechino e una situazione politica che, nel suo insieme, appare più distesa.

ALCUNI DATI MACRO USA IN MIGLIORAMENTO


A rafforzare questa tendenza anche alcuni dati macro economici Usa in miglioramento e la riduzione della inversione della curva dei tassi Usa - il differenziale di rendimento tra il titolo di stato (Treasury) a 3 mesi e quello a 10 anni - che indicherebbe una minore probabilità di rischio di recessione. A proposito della curva dei tassi, la sua sostanziale stabilità anche dopo gli attacchi agli impianti petroliferi in Arabia Saudita la settimana scorsa è incoraggiante.

SHOCK PETROLIFERI SOLO CON IMPENNATE DEL PREZZO DEL 100%


“Tali attacchi, che hanno colpito di sorpresa sia i politici che gli investitori, hanno fermato la produzione di 5,9 milioni di barili di petrolio, circa il 6% della produzione giornaliera globale: dopo una impennata iniziale i prezzi del greggio si sono assestati su valori in rialzo del 9% rispetto alla viglia degli attacchi. Tuttavia, in base alle nostre ricerche, le recessioni ‘da shock petroliferi’ in passato si sono verificate dopo balzi delle quotazioni del greggio superiori al 100%” puntualizza Greg Meier, Senior US Economist Director di Allianz Global Investors.

NESSUNA RECESSIONE CERTA NEI PROSSIMI 12 MESI


Secondo l’esperto, sebbene i modelli interni di AllianzGI segnalino difficoltà di carattere strutturale, un aumento delle fragilità e una maggiore volatilità per un certo periodo, una recessione nei prossimi 12 mesi non è affatto certa. “Se osserviamo quanto accaduto per esempio nel biennio 2015 -2016, possiamo constatare come sia stato già affrontato di recente un periodo di rallentamento. In quell’occasione ad animare i timori degli investitori fu l’improvvisa svalutazione dello yuan cinese che mise in discussione la crescita globale e che determinò un violento sell off (vendita sul mercato senza limiti di prezzo e di quantità) degli asset rischiosi e una caduta del petrolio fino a 26 dollari al barile” specifica Greg Meier.

UNA SITUAZIONE SIMILE A QUELLA DEL 2015-2016


Un contesto nel quale, aggiunge l’esperto, si registrò una contrazione della produzione industriale Usa con anche un rallentamento della crescita dei salari mentre la Federal Reserve aveva deciso di adottare una politica monetaria più accomodante: in pratica una situazione simile a quella attuale.

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L’IMPORTANZA DI UN ACCORDO COMMERCIALE USA-CINA


Oggi possiamo affermare che quei timori si sono rivelati eccessivi mentre, relativamente alle attuali fonti di rischio, il fattore decisivo riguarda il raggiungimento di un accordo commerciale tra Cina e Stati Uniti. Il risultato dei negoziati tra i due colossi mondiali resta incerto, ma gli ultimi sviluppi lasciano intravedere la possibilità di un’intesa o, quantomeno, un compromesso tra le parti. “Riteniamo che nel secondo semestre di quest’anno la crescita dell’economia mondiale possa risultare inferiore al potenziale mentre decisivo per le sorti dell’attuale ciclo economico sarà il 2020” tiene a sottolineare Greg Meier.

CONSOLIDAMENTO DEI BENI RIFUGIO


Per quanto riguarda invece più specificatamente i mercati finanziari, c’è da segnalare l’uscita, con volumi in crescita, dell’indice S&P 500 dal trading range che lo aveva caratterizzato da alcune settimane. In parallelo, mentre i titoli i titoli growth e i settori difensivi, che hanno tirato la volata dei listini per gran parte del 2019, risultano ora in fase di correzione, i ciclici ne hanno assunto il testimone premiando soprattutto i titoli azionari europei (bancari e del settore auto), le cui valutazioni erano prossime a livelli recessivi. Un clima che ha propiziato il consolidamento dei beni rifugio, tra cui l’oro e i Treasury Usa, mentre il rame – variabile indicativa della domanda industriale globale – mostra una ripresa.
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