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Arte ed immobili: come il mondo delle aste racconta il mercato

Da una parte i dipinti, dall’altra l’edilizia: le compravendite all’asta fanno da cartina tornasole per lo stato di salute dei mercati, ma chi ci guadagna davvero?

di Lorenzo Cleopazzo 17 Dicembre 2023 09:30
financialounge -  economia sunday view

Un bip prolungato e sottile, a tratti impercettibile, che a essere distratti, neanche ce ne accorgeremmo. Un suono che è quasi un ultrasuono. Un rumore che, a pensarci bene, neanche dovrebbe starci lì. Per non fossilizzarci su questo lungo bip pensiamo ad altro. Per esempio a quell’alone di fastidio nelle scarpe, che a camminare tanto, anche un paio di sneaker diventa scomodo. Ecco sì, pensiamo al dolore ai piedi. Vorremmo andare, ma i nostri occhi non vogliono sentire ragioni. Forse ci vuole il custode a farci desistere, che a stare così vicini a un dipinto, suona l’allarme. Non sappiamo quanti di noi hanno avuto modo di assistere a una scena simile, o forse di esserne i protagonisti, ma quel suono così particolare non è proprio solo dei musei o dei luoghi d’arte. Con ogni probabilità, è un metaforico acufene che tormenta e allarma anche il mercato immobiliare.

Questa settimana vogliamo dare un’occhiata a questi due settori, analizzandone lo stato di salute attraverso un approccio comune: l’asta. Ma quello di oggi non è una puntata come le altre! Sunday View fa un anno e cifra tonda: questo è il 50° numero dalla prima pubblicazione dell’11 dicembre 2022, e prima di dare il via al pezzo, vorremmo ringraziare tutti i lettori che hanno avuto modo di scorrere le parole di questa newsletter una domenica dopo l’altra. Quindi cominciamo da un grande grazie, e poi concludiamo l’introduzione cominciando l’articolo: pronti? Via!

MARTELLETTI


Le aste immobiliari? In una parola: svalutazione. 700 euro al metro quadro anziché 1970. Basterebbe questo per fotografare il settore. Certo bisogna tenere conto delle differenti tipologie di costruzioni, ma la ricerca Reviva – fintech che vuole valorizzare proprio le aste immobiliari – ci riporta un quadro massacrante e massacrato. In un periodo in cui i tassi dei mutui hanno fatto venire più di qualche mal di testa, quella dell’asta è un’opzione per le banche che devono tentare di salvare il salvabile in caso di insolvenza. A dire il vero è l’ultima opzione, l’ultima spiaggia, perché si sa che quello delle aste è un mondo ancora chiuso in sé stesso, fatto di valori sempre in picchiata e speculatori pronti a sfruttare la cosa.

Tutto questo cambia, però, se volgiamo lo sguardo su un altro tipo di aste: quello delle opere d’arte. In una parola: collezionismo. Il mercato del bello sembra non essere minimamente impattato da questioni esterne e a dimostrazione della sua dura scorza, i dati 2023 delle tre top case d’asta: tra Christie’s, Sotheby’s e Phillips si sono scambiate opere per un valore di 13,8 miliardi di dollari, quasi +13% rispetto all’anno scorso. Nonostante tutto, aggiungiamo noi.

La differenza tra questi due mondi non sta nei martelletti che sanciscono l’offerta vincitrice, ma nelle intenzioni di chi partecipa all’asta: speculatori e collezionisti, per cui la posta in gioco è ben differente. Spendere meno per guadagnare o spendere tanto per poter aggiungere un altro pezzo alla propria raccolta.

ORO E LEGNO


Il nome più corteggiato negli ultimi appuntamenti dell’arte mondiale? Un mezzo sconosciuto. Una decina d’opere, alcuni affreschi e nulla più. Si chiama Pietro Lorenzetti, è nato nella Siena di fine 1200, e se non lo ricordate sui libri d’arte delle superiori, è assolutamente normale. Per dire: prima del ‘500, nessuno se lo filava il nostro Pietro. Per fortuna poi arriva il Vasari, che gli dedica una pagina e mezza – poco, ma non pochissimo – nella sua operona Le Vite. Ecco in realtà “fortuna” non è proprio la parola adatta, dato che anche Vasari ci mette del suo per far dimenticare il Lorenzetti. Come? Storpiandogli il cognome in “Laurati” e non riconoscendogli alcuni affreschi che invece assegnò a Giotto. Insomma, questo poveraccio d’un senese proprio non riesce a ritagliarsi un suo pezzetto nella storia. Già ha fatto poco, in più gli viene rubata la paternità di un’opera passandola a un nome che era già piuttosto ingombrante di suo. Ma il Vasari, nella sua incolpevole malignità, non solo assegna un’opera di Lorenzetti a Giotto, ma scrive che il nostro Pietro vagava per il centro Italia “imitando la maniera di Giotto”. Oltre il danno, la beffa.

Ci vorranno dei secoli prima che il lavoro del Lorenzetti venga riconosciuto. Circa sette per vedere un suo dipinto all’asta a Parigi: una tavola lignea con un San Bartolomeo su sfondo oro, venduta a 2.4 milioni d’euro. Alla faccia del Vasari.

IL BIP PROLUNGATO


Va detto però che il Vasari, tutto sommato, parla bene del Lorenzetti. Semplicemente non gli attribuisce i suoi meriti, e in un mondo vastissimo come quello della storia dell’arte, non è proprio una cosa da poco. E chissà quanto sarebbe stato prolungato il bip nelle orecchie del Lorenzetti. Fortuna che oggi c’è un mercato, quello delle opere e dei beni da collezione, capace di rivalutarlo. Merito della sua fisiologica noncuranza verso ciò che gli succede attorno, vivendo spernacchiando tutti i problemi che invece preoccupano il suo vicino di casa: il mercato immobiliare. Okay, è vero che qualsiasi settore è fatto da domanda e offerta, ma senza dei beni al centro degli scambi e dei soggetti pronti a muoversi per ciò che viene offerto, non esisterebbero movimenti. È vero anche che un bilocale non è proprio un Rembrandt, così come ‘speculare’ e ‘collezionare’ non sono proprio sinonimi. Anche per questo bisogna studiare un mercato un po’ come si fa con un dipinto: guardarlo da lontano per ammirarne l’interezza, analizzarlo da vicino per studiarne i dettagli. Certo non troppo vicino, che se no scatta l’allarme.

BONUS TRACK


A leggere le cifre assurde per la tavola del Lorenzetti, vien da chiedersi se l’acquirente non abbia dato fondo a tutti i suoi risparmi per aggiudicarsi l’opera. Il conto langue, la rata del mutuo da pagare... Che abbia persino messo la sua casa all’asta? La vera domanda sarebbe: quale delle tante.
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