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L'analisi

La crisi in Russia non mette troppa pressione all’azionario

Schivato per ora strappo dei prezzi energetici, fermo l’oro, tenuta dei titoli di Stato. Gli investitori cercano di valutare l’aumento del rischio geopolitico mentre guardano al summit delle Banche centrali in Portogallo

di Virgilio Chelli 26 Giugno 2023 12:18
financialounge -  borse Bulletin mercati Russia

Gli analisti sono abbastanza unanimi nella valutazione di un aumento del rischio geopolitico con la crisi russa che ha sicuramente ulteriormente incrinato la tenuta di Putin, ma la reazione dei mercati per ora è sostanzialmente ordinata. Pressioni sull’azionario ma non molto più intense di quelle della scorsa settimana, la peggiore da tre mesi per le Borse europee. Dal fronte dei prezzi energetici non è arrivata finora la tenuta fiammata, con il Wti e il Brent che viaggiano poco mossi intorno ai 70 dollari il primo e ai 75 il secondo. Fanno parziale eccezione i prezzi del gas ad Amsterdam, che sono reduci da un forte rimbalzo già prima del precipitare degli eventi in Russia. Sostanziale tenuta dei principali titoli di Stato, con i rendimenti in lieve calo, mentre l’oro, tradizionale bene rifugio, resta inchiodato in area 1.930 dollari l’oncia.

OCCHI ANCHE AI BANCHIERI CENTRALI


Oltre agli sviluppi sul fronte russo, gli investitori guardano anche al summit dei banchieri centrali globali che si apre oggi a Sintra in Portogallo, da cui sono attese possibili indicazioni sulle mosse di Fed e Bce a luglio, oltre a questo punto magari anche un assesment sugli sviluppi della crisi russa e le sue possibili conseguenze su economie e mercati. Ovviamente in questo scenario gli investitori restano cauti ma non emergono finora reazioni emotive o dettate al panico. Dal fronte dei dati da segnalare l’indice tedesco Ifo sulla fiducia delle imprese sceso a giugno a 88,5, sotto le attese e ai minimi da dicembre.

CRISI APERTA A TUTTI GLI SCENARI, NON PER FORZA NEGATIVI


Anche a New York i futures sui principali indici di Wall Street si muovono in calo limitato, mentre le Piazze europee contengono i ribassi ben sotto il punto percentuale negli scambi della mattinata sopra i minimi segnati in apertura. La sensazione diffusa è che la crisi russa sia aperta a scenari anche imprevedibili, e gli investitori guardano anche ai sommovimenti partiti in passato dalla Russia, che hanno sempre avuto un impatto forte sul resto del mondo, alla ricerca di spunti di riflessione. La mancanza di visibilità per ora non viene comunque interpretata come un segnale troppo negativo, le sorprese sono tutte possibili, e non per forza negative.

CORSI E RICORSI: LE CONVULSIONI DEL 1917


Per storici e analisti alla ricerca di precedenti e analogie gli spunti certo non mancano per cercare di interpretare gli ultimi eventi della storia iniziata quasi un anno e mezzo fa con l’aggressione all’Ucraina. Tornando indietro ad esempio all’inizio del 1917, quando una Russia in fase prerivoluzionaria tentò a febbraio la trasformazione da monarchia assoluta a regime oligarchico-parlamentare sotto la pressione degli ammutinamenti e del malcontento per la guerra che stava combattendo da due anni con gravi perdite sul fronte occidentale contro gli imperi di Austria e Germania. L’esperimento, con la breve ascesa del giovane primo ministro Kerensky, durò meno di otto mesi e finì con il colpo di mano dei bolscevichi alla Duma, la caduta definitiva dello zar Nicola II e l’ascesa al potere di Lenin.

LA RITIRATA E POI LA RICONQUISTA DI MEZZA EUROPA


Non a caso la prima mossa internazionale del capo sovietico fu il trattato di Brest-Litovsk, con cui la Russia abbandonò la Prima Guerra Mondiale cedendo agli austro-ungarici Ucraina, Bielorussia e Paesi Baltici, insieme a un pezzo di Caucaso all’Impero Ottomano. A Lenin servivano le truppe impegnate al fronte occidentale per combattere la controrivoluzione interna delle Armate Bianche dell’aristocrazia e della classe capitalista e latifondista. Poi l’URSS si riprese tutto nei decenni successivi con l’aggiunta di mezza Europa, prima con la benedizione concessa a Yalta da americani e inglesi a Stalin, e poi dopo che era calata la Cortina di Ferro riuscendo a tenersi l’impero per altri 40 anni mandando i carri armati nelle province che provavano a ribellarsi, dalla Polonia alla Germania Est, dall’Ungheria alla Cecoslovacchia.

GORBACHEV E IL CARRO ARMATO DI YELTSTIN


Altre analogie si possono trovare nel 1989-91, quando Gorbachev tentò un esperimento simile a quello di Kerensky del 1917, e finì sotto il cannoneggiamento dell’ala dura del Partito Comunista, per essere ‘salvato’ da Boris Yeltsin salito sul carro armato in piazza a Mosca, ma solo per essere rapidamente pensionato in una dacia. Nel 1991 l’URSS collassa, il Patto di Varsavia si dissolve, e Yeltsin nel decennio successivo tenta un esperimento ibrido di transizione liberale, ma caotico dal punto di vista economico e finanziario, che culminò con la crisi del debito e il default del 1998. Due anni dopo Yeltsin decide di uscire di scena e lasciare il timone al successore prescelto Vladimir Putin, che all’inizio cerca di accreditarsi come partner affidabile dell’Occidente, allarga a 8 il G7 e chiede persino di entrare nella Nato. Poi prevale la nostalgia dell’impero in un’escalation di aggressioni fino all’invasione dell’Ucraina.

BOTTOM LINE


Quando succede qualcosa di grosso in Russia l’impatto sul resto del mondo è garantito ed economie e mercati non sono certo immuni. Negli ultimi giorni sembra che sia accaduto di nuovo, anche se non è chiaro che cosa. Finora la ‘lettura’ degli investitori sembra cauta e composta ma la mappa del rischio e delle possibili sorprese, non per forza negative, è in continuo aggiornamento.
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