Confindustria

Confindustria Veneto a Financialounge.com: “Ora bisogna riaprire”

“L’impatto del lockdown è stato devastante, perdiamo fino a 3 miliardi di euro per ogni settimana di chiusura. Le aziende sicure devono lavorare e va superata definitivamente la logica dei codici Ateco”, spiega il presidente Enrico Carraro

di Redazione 17 Aprile 2020 12:34
financialounge -  Confindustria coronavirus daily news Enrico Carraro fase 2

Le imprese venete sono pronte alla ripartenza. Lo ha fatto capire chiaramente il presidente della Regione, Luca Zaia: “Se ci sono i presupposti di natura sanitaria dal mondo scientifico, dal 4 maggio o anche prima si può aprire con tutto”. Financialounge.com ha chiesto al numero uno di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, qual è la posizione degli industriali e quanto sta costando al tessuto produttivo veneto questo blocco, giunto già alla sesta settimana.

Presidente, dopo la Lombardia anche il Veneto spinge per la riapertura anche prima del 4 maggio. Siete davvero pronti? Qual è la strategia che volete adottare?


"Prima di tutto ci tengo a chiarire che per Confindustria Veneto vale il principio che solo le aziende sicure possono lavorare. Allo stesso tempo, riteniamo che la logica dei codici Ateco vada definitivamente superata e che si debba invece ragionare sul riavvio graduale di tutte quelle attività produttive - indipendentemente dalla filiera di appartenenza - che siano in grado di garantire l’applicazione rigorosa dei protocolli di sicurezza concordati. Per questo abbiamo presentato alla Regione Veneto, e ai rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali e Datoriali, un Documento elaborato dall’Università di Padova, che individua una ipotesi di sistema standard basato su evidenze scientifiche, da declinare nelle diverse realtà produttive. Un sistema che analizza: l’eventuale utilizzo di test diagnostici per l’identificazione sia di soggetti con sintomatologia che dei soggetti asintomatici, l’applicazione delle misure igienico sanitarie atte a ridurre al minimo la possibilità di contagio e procedure di sorveglianza attiva per la prevenzione del contagio".

Quanto sta costando questo lockdown alle imprese venete? Quali sono i settori che stanno soffrendo di più e cosa chiedete per il rilancio?


"Senza conteggiare i settori che sono rimasti attivi in quanto parte delle filiere essenziali, ci si attesta, per il Veneto, ad un impatto tra i 10 e i 12 miliardi di euro al mese. Il che vuol dire dai 2,5 ai 3 miliardi di euro per ogni settimana di chiusura. Capite quindi che l’impatto del lockdown è devastante".

Se si dovesse andare oltre il 4 maggio, qualcuno ipotizza ulteriore proroga, cosa succederebbe?


"In larga parte d’Europa i nostri partner commerciali stanno riprendendo la produzione e richiedono di alimentare le loro filiere. I settori della Moda e del Legno-Arredo, vanto del nostro tessuto imprenditoriale, stanno soffrendo moltissimo, si tratta di campioni dell’export, strategici per l’economia nazionale, che rischiano di non sopravvivere se lo stop si prolungasse ancora a lungo".

Cosa insegna e cosa lascia al tessuto industriale questa crisi?


"Sicuramente questa crisi porterà la perdita di migliaia di aziende, le più fragili e piccole, con il rischio di dissolvere del know-how italiano prezioso. Al contempo ci ha messo di fronte alla necessità di rivedere alcuni modelli e meccanismi. Dovremmo cogliere questa occasione per incentivare i processi di aggregazione come acquisizioni o fusioni e facilitare l’apertura delle aziende al mercato dei capitali. Certamente altro tema è quella della revisione delle catene del valore. Non mi aspetto la fine della globalizzazione, non sarebbe né giusto né possibile, ma potranno esserci nuovi fenomeni di reshoring, attraverso i quali riportare in Italia le attività per produrre prodotti di qualità o strategici per la continuità operativa (ad es. DPI), magari approfittando per snellire la macchina burocratica".

Ultima domanda: l'elezione di Carlo Bonomi può creare un asse del Nord forte in Confindustria visto che già Veneto e Lombardia contribuiscono alla crescita del Pil per il 30 per cento?


"Io sono sempre stato per l’unità di Confindustria. I problemi delle imprese sono simili a tutte le latitudini della Penisola. La forza di Confindustria è nella sua compattezza, nell’indicare una direzione in cui marciare tutti insieme. Se poi ci sono best practice e soluzioni più rodate al Nord che possono essere messe a fattor comune, la vedo solo in maniera positiva".
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