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Robo advisor, un impatto meno dirompente di quanto temuto

La combinazione tra brand della casa d’investimento e reti di consulenti dovrebbe restare vincente in futuro, anche se adesso i robo advisor preoccupano gli asset manager.

9 Marzo 2017 10:07
financialounge -  consulente finanziario investimenti Morgan Stanley politica d'investimento portafoglio robo advisor

ll fenomeno dei robo advisor potrebbe rivelarsi meno dirompente di quanto temuto dagli operatori storici. È questa la conclusione a cui è giunto uno studio ("Robo-advice: Fintechs Enabling Incumbent Win") elaborato da Morgan Stanley secondo il quale la combinazione del brand della casa d’investimento con la rete di consulenti tradizionali sembrerebbe destinata comunque a restare vincente.

“Le commissioni (e i relativi margini di interesse) sono a rischio, tuttavia scorgiamo opportunità per chi è in grado di attingere al mercato di massa o per sfruttare i robo advisor per ridurre i costi” fanno per esempio sapere gli analisti di Morgan Stanley che hanno redatto lo studio secondo il quale i robo advisor sono destinati a rivoluzionare il mercato ma non il modo in cui si pensava.

Lo studio si basa sulle interviste di 45 operatori storici con oltre 15mila miliardi di risparmio gestito, oltre a start-up specializzate sui robo advisor e a fondi di venture capital in Europa, Stati Uniti, Asia e Australia. La prima constatazione è che, finora, le offerte di consulenza basate su robo advisor sono limitate a pochi passi nella elaborazione della consulenza finanziaria e raramente comportano la sostituzione completa del figura umana del consulente finanziario.

Alla luce di questa analisi, gli specialisti di Morgan Stanley sono giunti alla conclusione che gli esempi di maggior successo siano quelli capaci di combinare l’offerta tradizionale con l’innovazione del robo advisor. In pratica, il robo advisor rappresenta un ‘facilitatore’ e non un ‘perturbatore’ per gli operatori storici alla ricerca del posizionamento migliore sul mercato per essere vincenti anche nel nuovo scenario. Le new entry hanno lo scopo di guadagnare quote di mercato e distruggere la concorrenza con servizi di consulenza finanziaria facilmente accessibili e a basso costo.

“Tuttavia non pensiamo che queste start-up possano risultare i vincitori del futuro. Per gli operatori classici, i robo advisor possono ottimizzarne i costi, migliorarne la produttività e indirizzare le scelte non ancor sfruttate dagli investitori retail” puntualizzano gli esperti di Morgan Stanley il cui quadro di riferimento delinea il perimetro delle masse in gestione dei servizi di robo advisor attorno ai 6.500 miliardi di dollari in 10 anni con 32 miliardi di dollari di ricavi.

“Assumendo che il fenomeno dei robo advisor possa conquistare una quota del 5% delle attività finanziarie delle famiglie con meno di 1 milione di dollari di patrimonio investibile, entro il 2025 significa accaparrarsi un mercato mondiale da 6.500 miliardi che, in caso estremo, a seguito di regolamentazione particolarmente stringenti e una maggiore digitalizzazione del sistema bancario, potrebbe diventare pari a 13 mila miliardi” spiegano gli analisti di Morgan Stanley che intravedono sostanzialmente tre generi di rischi che i robo advisor potrebbero provocare.

In primis accelerare la crescita dei passivi anche per effetto delle pressioni (al ribasso) sulle commissioni. In secondo luogo aumentare la trasparenza e la concorrenza, abbassando le commissioni per la consulenza. In terzo luogo portare a una cannibalizzazione dei clienti che potrebbero scegliere di passare da servizi più costosi (e quindi più remunerativi per il provider) a servizi più economici (meno remunerativi per la banca o la sim).

“In ogni caso, l'impatto netto potrebbe rivelarsi meno duro di quanto temuto per gli operatori agili in grado di usare i robo advisor per semplificare i costi, soprattutto in funzioni amministrative. Stimiamo la possibilità di consulenti affermati potrebbero ridurre la base dei costi del 10-20%” concludono i professionisti di Morgan Stanley.
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