debito pubblico
Debito pubblico italiano, l’importanza di allungarne la durata
I 2.224,7 miliardi di euro di debito pubblico hanno una vita media di 6,64 anni: allungandone ulteriormente la durata si stabilizzerebbero gli interessi futuri.
27 Ottobre 2016 09:21
Come molti sanno, anche l’Italia ha emesso il suo titolo di stato con scadenza 50 anni: tre settimane fa, infatti, il Tesoro ha emesso il BTP 1 marzo 2067 con un rendimento annuo del 2,85%.
Per gli addetti ai lavori si è trattato di un enorme successo dal momento che sono stati collocati titoli per 5 miliardi di euro a fronte di 18,5 miliardi di richieste, di cui oltre l’80% proveniente da investitori istituzionali internazionali (fondi pensione, fondi assicurativi, casse di previdenza, gestioni patrimoniali).
Un collocamento che ha contribuito a far scendere la vita media del debito pubblico che dal 2012 si sta lentamente allungando e che ora si attesta a 6, 64 anni: l’obiettivo, come ha dichiarato Maria Cannata, Direttore del Debito pubblico del Tesoro, è di arrivare a sette anni, un target tuttavia ambizioso dal momento che la mole del debito ne impedisce un più veloce raggiungimento. Ma perché è importante allungare la vita media del debito del nostro paese? Vediamo di scoprirlo insieme.
Nei primi nove mesi di quest’anno, il costo medio delle nuove emissioni del Tesoro è stata pari allo 0,52%, cioè il rendimento medio dei nuovi BOT, CTZ, CCT e BTP emessi dal primo gennaio al 30 settembre si è attestato ad un tasso di rendimento medio dello 0,52%. Questo ha contribuito a far scendere il costo dello stock complessivo sotto il 3 per cento: dal momento che il debito pubblico italiano è pari a 2.224,7 miliardi di euro, significa che lo stato italiano pagherà nel 2016 circa 66 miliardi di interessi per tutti i titoli in circolazione. Si potrebbe pensare che sia conveniente, agli attuali tassi di mercato, emettere titoli con scadenza breve dal momento che i BOT, CTZ, CCT e BTP con scadenza fino al marzo 2019 mostrano un tasso a zero o negativo.
A parte il fatto che già adesso il Tesoro cerca di collocare il massimo sul mercato nelle aste mensili in funzione della domanda degli investitori, ma il problema è che, ampliando i titoli a breve scadenza, si diminuirebbe la durata del debito. Con 2.224,7 miliardi di debito e 6,64 anni di scadenza media, ogni anno l’Italia deve finanziarsi per circa 330 miliardi di nuove emissioni (2.224,7 diviso 6,64): basterebbe che la vita media del debito scendesse a 5,64 anni per portare a 395 i miliardi di euro di titoli da emettere ogni anno sul mercato.
Questo, sommato al fatto che l’attuale contesto di tassi ai minimi storici è ‘artificialmente’ sostenuto dagli acquisti sul mercato da parte della BCE, esporrebbe il nostro paese nei prossimi anni al rialzo dei tassi e allo sbilanciamento tra domanda (che diminuirebbe per effetto di una maggiore concorrenza da parte dei titoli di stato di altri paesi) e offerta dei nostri titoli di stato (molto superiore rispetto a quella attuale già enorme) con probabile ampliamento dei tassi di interesse da riconoscere ai sottoscrittori e, quindi, maggiori interessi da pagare per lo stato italiano.
Per gli addetti ai lavori si è trattato di un enorme successo dal momento che sono stati collocati titoli per 5 miliardi di euro a fronte di 18,5 miliardi di richieste, di cui oltre l’80% proveniente da investitori istituzionali internazionali (fondi pensione, fondi assicurativi, casse di previdenza, gestioni patrimoniali).
Un collocamento che ha contribuito a far scendere la vita media del debito pubblico che dal 2012 si sta lentamente allungando e che ora si attesta a 6, 64 anni: l’obiettivo, come ha dichiarato Maria Cannata, Direttore del Debito pubblico del Tesoro, è di arrivare a sette anni, un target tuttavia ambizioso dal momento che la mole del debito ne impedisce un più veloce raggiungimento. Ma perché è importante allungare la vita media del debito del nostro paese? Vediamo di scoprirlo insieme.
Nei primi nove mesi di quest’anno, il costo medio delle nuove emissioni del Tesoro è stata pari allo 0,52%, cioè il rendimento medio dei nuovi BOT, CTZ, CCT e BTP emessi dal primo gennaio al 30 settembre si è attestato ad un tasso di rendimento medio dello 0,52%. Questo ha contribuito a far scendere il costo dello stock complessivo sotto il 3 per cento: dal momento che il debito pubblico italiano è pari a 2.224,7 miliardi di euro, significa che lo stato italiano pagherà nel 2016 circa 66 miliardi di interessi per tutti i titoli in circolazione. Si potrebbe pensare che sia conveniente, agli attuali tassi di mercato, emettere titoli con scadenza breve dal momento che i BOT, CTZ, CCT e BTP con scadenza fino al marzo 2019 mostrano un tasso a zero o negativo.
A parte il fatto che già adesso il Tesoro cerca di collocare il massimo sul mercato nelle aste mensili in funzione della domanda degli investitori, ma il problema è che, ampliando i titoli a breve scadenza, si diminuirebbe la durata del debito. Con 2.224,7 miliardi di debito e 6,64 anni di scadenza media, ogni anno l’Italia deve finanziarsi per circa 330 miliardi di nuove emissioni (2.224,7 diviso 6,64): basterebbe che la vita media del debito scendesse a 5,64 anni per portare a 395 i miliardi di euro di titoli da emettere ogni anno sul mercato.
Questo, sommato al fatto che l’attuale contesto di tassi ai minimi storici è ‘artificialmente’ sostenuto dagli acquisti sul mercato da parte della BCE, esporrebbe il nostro paese nei prossimi anni al rialzo dei tassi e allo sbilanciamento tra domanda (che diminuirebbe per effetto di una maggiore concorrenza da parte dei titoli di stato di altri paesi) e offerta dei nostri titoli di stato (molto superiore rispetto a quella attuale già enorme) con probabile ampliamento dei tassi di interesse da riconoscere ai sottoscrittori e, quindi, maggiori interessi da pagare per lo stato italiano.
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