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Federal Reserve

Debito emergenti, un'occasione per l'investitore di lungo periodo

2 Settembre 2015 16:04
financialounge -  Federal Reserve Luc D'hooge mercati emergenti mercati obbligazionari tassi di interesse Vontobel
Tutto è iniziato a maggio del 2013, cioè quando hanno cominciato a circolare le prime indiscrezioni sulla possibile riduzione dei flussi di acquisto delle obbligazioni in dollari USA da parte della Fed. Da allora le obbligazioni dei paesi emergenti hanno sofferto il deflusso degli investitori che hanno temuto che la ingente liquidità che aveva agevolato questa asset class potesse di colpo esaurirsi azzerando le potenzialità del debito emergente.

Dal 22 maggio 2013 al 27 agosto 2015, i fondi obbligazionari paesi emergenti hanno registrato una variazione leggermente positiva (+0,4%) rispetto al +5,4% dell’indice generale dei fondi obbligazionari. Un trend che ha visto un’accelerazione negli ultimi tre mesi durante i quali i fondi obbligazionari paesi emergenti hanno messo a segno un ribasso del -3,7% contro il -1,5% dell’indice generale dei fondi obbligazionari.

A preoccupare gli investitori sono il rallentamento della crescita della Cina, la svalutazione del renminbi e il potenziale impatto negativo del rialzo dei tassi USA. Un contesto che sembra aver modificato in modo strutturale la view degli investitori sull’asset class emerging markets bond che pure ha dato tante soddisfazioni nel decennio 2003-2013. Infatti, tra il 22 maggio 2003 e il 22 maggio 2013, i fondi obbligazionari paesi emergenti hanno registrato un rialzo del 76,2% contro il +28,2% dell’indice generale dei fondi obbligazionari. Un potenziale che, forse, non è stato del tutto dissipato.

“Il deterioramento fondamentali in Cina non è così male come l'andamento degli indici di Borsa delle ultime settimane e il flusso di notizie suggerisce” fa sapere Luc D’hooge, CFA, Head of Emerging Markets Bonds di Vontobel Asset Management, che poi aggiunge: “In realtà, dal momento che gli spread dei bond dei paesi emergenti trattano attualmente sopra i 400 punti base (cioè oltre il 4%), cioè nella parte alta del range degli ultimi anni, continuiamo a pensare che questi rappresentino buoni livelli di ingresso”.

Lo strategist, tuttavia, non nasconde che persiste un’altra preoccupazione tra gli investitori: come reagirà il debito emergente al primo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve in quasi un decennio? “Se la storia delinea un precedente valido, un aumento dei tassi USA non dovrebbe avere effetti particolarmente significativi. Osservando gli ultimi due cicli di rialzo dei tassi USA, uno alla fine degli anni '90 e l’altro a metà del 2000, è possibile constatare che si è registrato un ampliamento degli spread poco prima del primo rialzo (come, peraltro, stiamo vedendo in queste settimane), ma successivamente gli spread si sono stabilizzati” riferisce Luc D’hooge.

Sarà diverso questa volta? “Chiaramente, veniamo da una base molto bassa del tasso dei Fed Fund, ma allo stesso tempo, vi è una forte ragione di credere che il sentiero del rialzo sarà più graduale rispetto a quello sperimentato sia negli anni '90 che a metà del 2000” afferma lo strategist che ricorda come, inoltre, in termini di fondamentali economici e riserve valutarie, molti dei paesi emergenti siano più in forma che negli anni '80, il periodo che, probabilmente, resta ancora impresso in molti gestori che lo vissero.

“Questo non significa che non vedremo periodi di volatilità per il futuro, ma noi continuiamo a credere che il grande carry (extra rendimento rispetto ai titoli governativi USA) dovrebbe ricompensare gli investitori con un orizzonte di più lungo periodo” conclude Luc D’hooge.
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