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International Editor's Picks - 1 giugno 2015

1 Giugno 2015 09:30
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Era il fiore all’occhiello del presidente Lionel Jospin negli anni 90, che l’italiano Bertinotti non si stancava di citare nel salotto televisivo di Porta a Porta: la settimana di 35 ore, nuova conquista all’ombra della Torre Eiffel . Vent’anni dopo il Financial Times la bolla come il miglior esempio di legislazione che ingessa il mercato del lavoro e impedisce alla ripresa di partire. E cita il caso concreto di Edf, la compagnia elettrica francese: all’entrata in vigore delle 35 ore in Edf si lavorava 39,5 ore a settimana. Per allinearsi, ai colletti bianchi furono aggiunti 23 giorni di ferie l’anno, portando il totale a 50! Tutto bene fino a che il mercato elettrico francese era protetto e isolato dal resto d’Europa. Ma, con la liberalizzazione partita da Bruxelles nel 2007 per Edf la settimana corta di Jospin è diventata sempre più insostenibile e ha portato a un indebitamento crescente per compensare la perdita di produttività. Sarkozy promise di cancellare le 35 ore ma non ebbe il coraggio di farlo. Probabilmente toccherà al socialista Hollande.
Anche se il presidente Maduro continua ad andare in televisione per dire che il Venezuela è orgoglioso della sua moneta, (il bolivar) il paese sudamericano si sta ormai dollarizzando capillarmente, al punto che non solo i prezzi delle case, anche in affitto, o delle auto si fanno in dollari, ma anche quelli dei generi di prima necessità. Accettare il dollaro come moneta di pagamento è proibito. Nel 2009 l’allora presidente Chavez aveva schernito il biglietto verde come un pezzo di carta senza niente dietro. Oggi Maduro cerca di tenere la posizione, ma l’economia è talmente dollarizzata che lo stesso Maduro è stato colto dal Wall Street Journal in una dichiarazione rivelatrice. Durante la cerimonia di consegna di una casa popolare a una famiglia povera, ovviamente celebrata in tv, ha dichiarato: “vi consegno le chiavi della vostra nuova casa insieme a un assegno da 50.000 dollari per i vostri figli”.
Alti funzionari di banche centrali e ministeri delle finanze dei paesi del G7 tutti a lezione di finanza. È successo a Dresda, in Germania, la settimana scorsa, in occasione della periodica riunione del Gruppo dei Sette paesi più avanzati. Il master ha visto in cattedra anche premi Nobel. Serviva per cercare di capire come accelerare la crescita di economie molto sviluppate ma anche molto intorpidite. Lo riferisce il New York Times. A tenere lezione, tra gli altri, Robert J. Shiller, premio Nobel e professore a Yale, e Lawrence H. Summers, professore a Harvard ed ex segretario al Tesoro degli Stati Uniti. La ricetta consigliata non sembra sia stata poi così originale, secondo quanto riferito dai partecipanti: i governi devono investire di più in infrastrutture come strade, aeroporti e Internet a banda larga. Altro consiglio dispensato è stato quello di mettere mano alle riforme strutturali, tipo rendere più facile licenziare e assumere o incoraggiare fiscalmente la costruzione di nuovi impianti produttivi in sostituzione dei vecchi obsoleti. Sembra che di Grecia si sia parlato solo al coffee break.
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