debito pubblico

La crisi europea del debito sovrano non è affatto conclusa

13 Gennaio 2015 09:10
financialounge -  debito pubblico PIMCO quantitative easing riforme
La Banca centrale europea (BCE) avvierà probabilmente un programma di acquisti generalizzati di asset, ossia di quantitative easing (QE), nel primo trimestre 2015.

Un tale provvedimento sortirà i propri effetti sull’economia principalmente attraverso il canale dei tassi di cambio, provocando un deprezzamento dell’euro.
“Riteniamo che gli acquisti di asset agiranno anche attraverso il canale delle aspettative, convincendo le famiglie e le imprese che la BCE è impegnata a perseguire il proprio target d’inflazione e influenzando in tal modo le loro decisioni intertemporali di consumo e investimento” commenta Andrew Bosomworth, Managing Director Gestore di PIMCO per il quale, tuttavia, lo stimolo alla crescita proveniente da un simile programma di QE è destinato a scemare in assenza di un contributo da parte dei governi dell’Eurozona.

La politica monetaria da sola non è sufficiente per Andrew Bosomworth per far uscire l’area euro dalla trappola della liquidità: i rendimenti degli asset creditizi «privi di rischio» si attestano già a livelli inferiori a quelli conseguiti da altre banche centrali che hanno adottato politiche analoghe. Le politiche di bilancio, strutturali e monetarie devono lavorare di concerto. Secondo Andrew Bosomworth, i mercati finanziari saranno pertanto più inclini ad accettare disavanzi di bilancio più consistenti se questi serviranno a finanziare riforme volte a stimolare la crescita e investimenti mirati a migliorare la produttività.

Le misure attualmente adottate dalla BCE per immettere liquidità sui mercati, le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (TLTRO) e i programmi di acquisti di asset-backed securities (ABS) e covered bond, non avranno un impatto significativo sulle dimensioni del suo bilancio. Andrew Bosomworth si aspetta che tali provvedimenti provochino un’espansione del bilancio dagli attuali 2.000 miliardi ai 2.300 – 2.600 miliardi di euro entro la fine del 2015, al netto di altre attività che giungeranno a scadenza nel corso del prossimo anno. Un programma di acquisti di asset per 500 miliardi, in aggiunta alle politiche esistenti, riporterebbe il bilancio della BCE al livello di 3 mila miliardi raggiunto all’inizio del 2012.

I titoli di Stato costituirebbero la parte più consistente di tale programma, in ragione della loro liquidità. Tuttavia, la BCE dovrebbe considerare anche la possibilità di acquistare obbligazioni corporate investment grade, titoli di agenzie, azioni blue chip e oro, poiché ciò allevierebbe i timori legittimi riguardo all’azzardo morale. In tutti i casi, per Andrew Bosomworth la BCE ha ragione di nutrire timori per il problema dell’azzardo morale che vedrebbe coinvolte le autorità fiscali nel momento in cui iniziasse ad acquistare titoli di Stato. Quanto maggiore sarà il volume di tali acquisti, tanto minore sarà l’incentivo per i governi a fare la loro parte.

Ma se le autorità politiche non desiderano, o non possono, attuare le necessarie riforme, sono loro che devono assumersene la responsabilità, non la BCE. Con un numero crescente di partiti politici radicali che propugnano un’uscita dall’euro, i governi dell’Eurozona dovrebbero avviare un dibattito sulla struttura di governance a lungo termine per la politica di bilancio.

“L’area euro è fondata sull’ipotesi che sia possibile decentrare la politica fiscale. Ma la decentralizzazione a oggi si è dimostrata inefficace. Non vi sono esperienze storiche che possano corroborare questa ipotesi nel contesto di una grande unione monetaria di più paesi. L’Eurozona durerà probabilmente più a lungo con una politica monetaria espansiva, ma potrà resistere solo con riforme strutturali e una gestione centralizzata della politica di bilancio. Di conseguenza, gli investitori a lungo termine potrebbero voler continuare a porre enfasi sulle attività che beneficiano dell’orientamento accomodante della BCE, ma anche tener d’occhio le autorità fiscali. Senza il loro contributo, la crisi del debito sovrano europea è tutt’altro che conclusa” sostiene Andrew Bosomworth.
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