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Perché le banche soffrono nonostante gli esiti della BCE

10 Novembre 2014 16:30
financialounge -  banche centrali deflazione prestiti
Nelle ultime due settimane i riflettori dei mercati si sono inevitabilmente concentrati sul settore bancario di Borsa dopo gli esiti dell’AQR e degli stress test della BCE.

Nonostante il rimbalzo di venerdi 31 ottobre, il settore ha chiuso l’ultima settimana di ottobre in territorio negativo con le banche italiane che hanno lasciato sul parterre il 4,2%. Se per Montepaschi (-40%) e Banca Carige (-28%) le vendite potevano essere giustificate dalla «bocciatura» da parte dell’Eurotower, meno chiare sono sembrate le ragioni delle perdite accusate dalle altre banche italiane ed europee «promosse». Secondo un’attenta valutazione degli stress test e dei parametri utilizzati, la questione di fondo per gli investitori è capire se gli esiti delle BCE abbiano effettivamente ottenuto l'effetto desiderato di chiarire il contesto economico nella zona euro.

Alcuni osservatori restano scettici, per due ragioni principali.
In primo luogo, ritengono che questi test non abbiano preso in considerazione la vera grande minaccia che incombe sulla zona euro: la disinflazione e la deflazione. Infatti anche nello scenario economico avverso che è stato ipotizzato, l'EBA, l’associazione bancaria europea, ha immaginato l’inflazione all’1,1% nel 2014, allo 0,6% nel 2015 e allo 0,0% nel 2016. Ora, pur considerando il lieve aumento dell’inflazione nella zona euro a ottobre (+0,4% nell’intera Eurolandia e +0,1% in Italia), gli osservatori ritengono che l'EBA abbia minimizzato l’impatto di questo contesto di disinflazione.

La seconda critica, è che questi stress test, sono arrivati troppo tardi nell’ottica di rilanciare i prestiti. L’interrogativo che si pongono gli osservatori più critici è il seguente: pure nell’ipotesi che questi esisti siano in grado agevolare la predisposizione delle banche a concedere più prestiti, siamo sicuri che ci siano le condizioni per un aumento della domanda di nuovi finanziamenti?

La questione è legittima dal momento che, con la disoccupazione a livelli record e l'inflazione schiacciata verso la deflazione, la reazione naturale da parte degli istituti di credito è quella di ridurre la leva finanziaria e non certo di aumentarla: in una situazione economica ancora molto incerta, sembra pertanto troppo ottimistico aspettarsi un aumento delle nuovi prestiti sia da parte delle famiglie che da parte delle imprese.
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