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Debito Italia, come preservare la fiducia dei mercati

16 Ottobre 2014 09:40
financialounge -  BOT BTP come investire debito tassi di interesse
Pur alla luce delle turbolenze di ieri, aprendo i quotidiani finanziari si può facilmente constatare che attualmente un bot annuale rende lo 0,32% lordo, il BTP a tre anni lo 0,72%, il buono poliennale del Tesoro quinquennale l’1,10% e il decennale il 2,36%.
Per comprendere quanto siano tassi non soltanto ai minimi storici ma anche straordinariamente ridotti è sufficiente fare un confronto con la media degli ultimi 10 anni: quella del BOT annuale si attesta al 2,04%, quella del BTP triennale al 2,72%, quella del BTP a 5 anni al 3,08% e quella del BTP a 10 anni al 3,82%.

Se ancora non bastasse, si può effettuare un ulteriore raffronto. Questa volta andando a verificare quali fossero i tassi minimi degli ultimi 20 anni al dicembre 2012. Ebbene, quello relativo al bot non andava oltre lo 0,65% (cioè il doppio rispetto all’attuale remunerazione), e così pure per i tassi del BTP a 3 anni (1,43% contro l’odierno 0,72%), e del BTP quinquennale (2,15% rispetto all’1,10% che paga oggi) mentre per il BTP decennale il «risparmio» per le casse pubbliche risulta di circa il 20% (2,36% corrente contro il 2,84% minimo fino al dicembre 2012).

Tutti questi confronti devono ricordare a tutti noi che gli attuali tassi che il mercato riconosce al debito italiano sono in buona parte legati al contesto generale (nel quale i tassi del mercato obbligazionario sono sui minimi storici e prossimi allo zero) ma anche ai sacrifici che il nostro paese ha fatto in termini di riduzione del deficit di bilancio. Affinchè l’Italia possa preservare la ritrovata fiducia dei mercati (ieri si è visto come l’aumento dell’avversione al rischio da parte degli investitori possa far cambiare in fretta e in peggio la percezione del debito italiano con lo spread balzato fino a 170 punti base dai 147 della chiusura precedente), è quindi indispensabile che le politiche di bilancio mantengano una struttura di rigore.

A questo proposito sono interessanti le riflessioni dell’AIAF, Associazione Italiana degli Analisti e Consulenti Finanziari, sui dati del rapporto deficit pubblico/PIL salito al 3,8% nel primo semestre dell’anno.
“Dai dati emerge un moderato allentamento della restrizione fiscale, seppur limitata a pochi decimi di punto percentuale, ma anche la necessità di intervento dal lato della spesa” riferiscono gli esperti dell’AIAF. Nel secondo trimestre di quest’anno, inoltre, il totale delle spese è risultato pari al 49,3% del PIL rispetto al 48,9% del secondo trimestre 2013.

“Le indiscrezioni riguardanti la Legge di Stabilità anticipano un importante cambio di rotta per il 2015, con il finanziamento di quasi la metà della manovra (di 36 miliardi di euro) tramite un taglio alle spese (15 miliardi) e in tal senso il Governo si trova di fronte a una sfida cruciale, laddove diversi Governi precedenti hanno sostanzialmente fallito: il finanziamento della riduzione della pressione fiscale attraverso la riduzione della spesa pubblica, auspicabilmente quella improduttiva, rappresenta infatti il principale strumento di stimolo alla crescita economica di cui la politica fiscale può disporre oggi. L’utilizzo di risorse «in deficit» consentendo il riavvicinamento al limite del 3% è benvenuto ma deve mantenere un margine di sicurezza (almeno 4 miliardi di euro non 2,5 miliardi come si ipotizza) tale da porci in condizione di preservare la riconquistata fiducia dei mercati”.
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