Eurozona

Tassi USA in tensione dopo i commenti della Yellen

27 Agosto 2014 16:15
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Se le parole di Mario Draghi al convegno dei banchieri centrali a Jackson Hole nello scorso fine settimana hanno dato fiato ai mercati finanziari europei (con i tassi di interesse della zona euro in ulteriore contrazione e gli indici di Borsa in rialzo), i commenti del presidente della Fed Janet Yellen hanno invece confermato un atteggiamento meno accomodante da parte della banca centrale USA.

Un aspetto non secondario per i mercati obbligazionari americani che sono chiamati a una due giorni di fuoco. Oggi sono previste due aste del Tesoro USA una da 35 miliardi di dollari di bond a cinque anni e una da 13 miliardi per titoli del debito biennali mentre per domani è in programma il collocamento di Treasury a 7 anni per un importo di 29 miliardi. Da sottolineare che i titoli a due anni ieri si sono avvicinati al rendimento più alto degli ultimi tre anni subito dopo che il presidente della Fed ha dichiarato la scorsa settimana che la banca centrale potrebbe alzare i tassi di interesse da zero prima di quanto i politici stimino visto il continuo miglioramento dei mercati del lavoro.

"È probabile che i rendimenti a breve e a medio termine salgano nelle prossime settimane sulla scia dello spostamento della Yellen verso una posizione più neutrale rispetto a quella ultra accomodante assunta finora a seguito del continuo recupero dell’economia a stelle e strisce", ha dichiarato Yoshio Takahashi, strategist a Tokyo di Barclays, uno dei 22 operatori principali che negoziano direttamente l’acquisto di titoli di stato presso la Fed.

I commenti di Janet Yellen fatte a Jackson Hole, il 22 agosto ha aggiunto benzina alla speculazione che punta su un aumento dei tassi di interesse il prossimo anno. La maggior parte dei funzionari della Fed prevede che la banca centrale inizierà ad aumentare gli oneri finanziari nel 2015 mentre, in base a un recente sondaggio, il 55% dei trader obbligazionari si è dichiarato per un aumento dei tassi della Fed da zero allo 0,25% entro luglio 2015: da notare che nel precedente sondaggio, effettuato 15 giorni prima, la percentuale non andava oltre il 48 per cento.

Se l’aumento dei tassi USA è ormai scontato, il nodo da scogliere è quando (e di quanto) verrà attuato con diverse implicazioni per gli investitori. Infatti, se il dollaro è destinato a rafforzarsi nei prossimi 12-18 mesi, il mercato obbligazionario internazionale (e quello USA in particolare) e le Borse potrebbero invece assumere andamenti non facilmente decifrabili.

Per esempio un rialzo dei tassi USA prima del terzo trimestre 2015, potrebbe provocare forti contraccolpi sul mercato obbligazionario e azionario come nel periodo maggio – giugno 2013: gli indici di Borsa potrebbero lasciare sul terreno 10 -15 punti percentuali in poche settimane mentre nel reddito fisso sarebbero le obbligazioni USA a breve e medio termine quelle più penalizzate (in quanto più direttamente collegate al rialzo dei tassi della Fed): contraccolpi ci sarebbero anche sui titoli di stato della periferia della zona euro, sui corporate bond, sugli high yield e sui bond emerging markets (soprattutto quelli in valuta locale).

Più o meno lo stesso comportamento che si dovrebbe registrare nel caso di un aumento dei tassi USA più vigoroso di quello atteso (cioè superiore ai 25 punti base) con ripercussioni però ancora più accentuate sul mercato obbligazionario. Tuttavia, dopo la fase di correzione, è probabile che i mercati, in particolare quello azionario, ragionerebbero sui valori effettivi delle singole aziende: in questo scenario le strategie value (legate cioè sui fondamentali di Borsa) e quelle long short equity (basate sugli investimenti al rialzo, long, sui titoli sottovalutati e reputati destinati a crescere di valore, e su posizioni al ribasso, short, sui titoli sopravvalutati e quindi in odore di perdita di valore) dovrebbero poter generare interessanti plusvalenze.
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