AstraZeneca

Megafusioni, c’è chi dice no

21 Maggio 2014 15:10
financialounge -  AstraZeneca fusioni e acquisizioni Pfizer
Negli ultimi tempi le cronache finanziarie si sono arricchite di notizie riguardanti acquisizioni multimiliardarie. Solo l’altro ieri si è avuto notizia di due di queste: quella di AT&T, che per 49 miliardi di dollari ha comperato il provider via satellite DirectTv e quella di Pfizer, da 117 miliardi di dollari, per acquisire il controllo dell’altro colosso farmaceutico AstraZeneca. Quest’ultima operazione però è stata rifiutata dal management di AstraZeneca, come mai?

L’offerta di Pfizer, la multinazionale americana del farmaco famosa anche per il Viagra, sembrava davvero allettante: era stata ritoccata al rialzo rispetto al prezzo iniziale di 50 pounds per azione portandola a 55 pounds, di cui un 45% in contanti e il restante in azioni Pfizer. Una valutazione che significava un 28% in più di quanto valga attualmente in Borsa AstraZeneca.

Tuttavia, il management della società anglo-svedese, e in particolare il CEO Pascal Soriot, hanno risposto che il prezzo giusto per avviare i negoziati fosse di 58,5 pound. Pfizer ha tempo fino al prossimo 26 maggio per adeguare la proposta di acquisto ma, fonti vicine al CEO del big pharma americano, hanno fatto trapelare che l’offerta di 55 pounds è da considerarsi come definitiva, praticamente da prendere o lasciare. Pascal Soriot, dal canto suo, ha convinto il Cda di AstraZeneca che la sua società ha un catalogo prodotti per i prossimi anni che porteranno il gruppo a crescere in modo significativo anche senza la fusione con Pfizer. Oltretutto il presidente di AstraZeneca, Leif Johanson, avrebbe bollato l’iniziativa promossa da Pfizer come “esclusivamente di tipo finanziario e fiscali ma senza significative sinergie tra i due gruppi”.

Resta il fatto che il titolo AstraZeneca, dopo aver perso oltre l’11% lunedi 19 maggio subito dopo il rifiuto all’offerta di Pfizer, ieri ha guadagnato un timido +0,49% attestandosi a 43,08 pounds: il management avrà le proprie ragioni per il no alla fusione ma i piccoli azionisti e alcuni asset manager rischiano in tal modo di rimanere fortemente delusi da questa decisione che, al momento, li penalizza in modo significativo.
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