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Africa punta sul turismo

9 Gennaio 2014 07:00
financialounge -  Africa crescita economica infrastrutture investimenti turismo
Entro i prossimi 8 anni, il turismo nei paesi dell’Africa sub-sahariana potrebbe creare 6,7 milioni di nuovi posti di lavoro.

A stimarlo è la Banca Mondiale in un suo recente rapporto (Tourism in Africa: Harnessing Tourism for Improved Growth and Livelihoods) che ha esaminato 33 dei 48 paesi sub-sahariani con le maggiori potenzialità di sviluppo nel settore. Tra queste, quelle che si distinguono per quanto hanno saputo già mettere in campo in questi ultimi anni grazie anche alla liberalizzazione del trasporto aereo e alla attiva capacità di attrazione di investimenti privati sono: Kenia, Namibia, Tanzania, Capo Verde, Ruanda, e , soprattutto, il Sudafrica.

Quest’ultimo, in particolare, ha sfruttato l’enorme popolarità ricavata dall’organizzazione dei Mondiali di calcio nel 2010, per attirare turisti e investimenti esteri: nel 2011, per esempio, gli investimenti diretti in Sudafrica per il solo settore turistico sono ammontati a 6 miliardi di dollari.

Sebbene il Sudafrica resti inarrivabile in queste cifre, il turismo in Africa ha fatto segnare importanti sviluppi negli ultimi anni: basti pensare che dai 6,7 milioni di visitatori arrivati nel Continente Nero nel 2009 si è passati a 33,8 milioni nel 2012 con un giro d’affari complessivo del settore pari a 36 miliardi di dollari.

Tra i principali problemi da risolvere due su tutti. Il primo riguarda la qualità del servizio e i prezzi: si stima che delle 390 mila camere d’albergo censite nella zona sub-sahariana, soltanto il 10% (di cui circa la metà concentrate nel Sudafrica) potevano vantare gli standard qualitativi internazionali con prezzi medi di pernottamento superiori alla media internazionale dei 200 dollari.

Il secondo ostacolo, invece, riguarda le infrastrutture, una carenza peraltro ingombrante anche per molti altri settori di sviluppo dell’Africa. Un gap, quello infrastrutturale, che potrà essere coperto dalle aziende internazionali, tra le quali anche molte piccole e medie imprese italiane, capaci di fornire un elevato know how utilizzando però manodopera locale.
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