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Messico, un paese ancora da scoprire

10 Luglio 2013 08:00
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Una forte dipendenza dall’economia USA, rispetto alla quale, però, sta gradualmente ampliando le esportazioni. Una crescita economica del 2,5% per quest’anno e del 4% per il prossimo. Accordi per il libero scambio siglati con 44 paesi che consente di approdare a un bacino di consumatori di oltre un miliardo di persone.

Sono alcuni dei fattori di successo del Messico, un paese che da qualche anno ha ritrovato una certa stabilità politica ed è stato capace di attrarre nel 2012 investimenti stranieri per 80 miliardi di dollari, indirizzati in partecipazioni azionarie e titoli di stato: 12,6 miliardi di dollari, però, sono stati veri e propri investimenti diretti nelle infrastrutture e nelle imprese del Messico.

Grazie anche a questi flussi di investimento, il Messico è la quattordicesima potenza economica mondiale per PIL e la seconda, dietro al Brasile, nell’America Centro – Meridionale. Tra i gruppi che si stanno affermando oltre al colosso energetico nazionale Pemex, figurano America Movil, Televisa, nel settore telefonico, Alfa, in quello della componentistica auto di alta gamma, Mabe, negli elettrodomestici, Mexichem, nella chimica, Grupo Bimbo, nell’alimentare, e Femsa, nell’imbottigliamento di bibite.

L’industria messicana, che può contare su un buon bacino interno di consumi, è tuttavia predisposta all’esportazioni. I settori più votati all’export sono quello dei veicolo passeggeri (26,8% dell’export sul fatturato totale), quello dei televisori (18,8%), quello della componentistica auto (16,8%), quello dei computer ed elettronica (16,5%), quello delle telecomunicazioni (16,05), quello dei veicolo commerciali (12,5%) e quello del materiale elettrico (8,0%).

Grazie all’apporto dei player in questi settori, il Messico è stato capace di aumentare la propria percentuale dell’import complessivo degli Stati Uniti dal 6,1% del 1990, all’11,2% dl 2000 e al 12,4% dello scorso anno: le stime indicano che nel 2018, potrebbe addirittura arrivare al 16,0%, superando sia la quota della Cina (15,8%) che quella del Canada (13,9%).
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