Europa
Per gli investitori benestanti le azioni europee sono sottovalutate
28 Settembre 2012 09:00
e ad una ricerca specializzata che ha coinvolto più di 300 investitori High Net Worth di 15 città europee le azioni europee sono state indicate come l’asset di rischio più sottovalutato in assoluto con il 45% dei consensi.
La ricerca che ha interessato, tra il maggio e il giugno di quest’anno, gli investitori di Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Irlanda e Svizzera, con un patrimonio disponibile di almeno 10 milioni di dollari, ha fatto emergere che le azioni europee sono estremamente economiche sia dal punto di vista del p/bv (rapporto prezzo patrimonio netto) sia, in misura minore, del p/e (rapporto prezzo utili). Infatti, pur tenendo nel dovuto conto tutti i timori a livello macroeconomico, in base ai sistemi di misurazione tradizionali, l’equity europeo sembra effettivamente valutato in modo interessante.
Sulla base del rapporto p/e, per esempio, l’azionario europeo scambia a 10 volte gli utili attesi 2012 rispetto ai 13 della media degli ultimi 20 anni: il livello, quello di 10, peraltro ben al di sotto dell’azionario statunitense. Sulla base invece del rapporto p/bv, il valore si posiziona a quota 1,1 rispetto a 1,5. Ciò che è molto più interessante è il confronto tra le società multinazionali in Europa e quelle negli Stati Uniti. Per quanto nessuno si aspetti che queste sotto valutazioni siano ripristinate nel giro di poche settimane o mesi, c’è la convinzione che vi siano opportunità in determinate azioni che traggono beneficio dalle valutazioni ribassate in Europa ma che sono in grado di generare la maggior parte dei loro rendimenti al di fuori dell’Europa.
Si tratta di società che hanno dimostrato, dallo scoppio della crisi Lehman Brothers di quattro anni fa, di sapersi destreggiare sui mercati internazionali e di muoversi con aggressività anche nei mercati emergenti. Aziende, di solito, con grandi brand affermati e molto solide anche se non mancano le piccole e medie imprese che, in virtù della loro flessibilità e capacità imprenditoriale, si stanno affermando al di fuori del perimetro europeo.
La ricerca che ha interessato, tra il maggio e il giugno di quest’anno, gli investitori di Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Irlanda e Svizzera, con un patrimonio disponibile di almeno 10 milioni di dollari, ha fatto emergere che le azioni europee sono estremamente economiche sia dal punto di vista del p/bv (rapporto prezzo patrimonio netto) sia, in misura minore, del p/e (rapporto prezzo utili). Infatti, pur tenendo nel dovuto conto tutti i timori a livello macroeconomico, in base ai sistemi di misurazione tradizionali, l’equity europeo sembra effettivamente valutato in modo interessante.
Sulla base del rapporto p/e, per esempio, l’azionario europeo scambia a 10 volte gli utili attesi 2012 rispetto ai 13 della media degli ultimi 20 anni: il livello, quello di 10, peraltro ben al di sotto dell’azionario statunitense. Sulla base invece del rapporto p/bv, il valore si posiziona a quota 1,1 rispetto a 1,5. Ciò che è molto più interessante è il confronto tra le società multinazionali in Europa e quelle negli Stati Uniti. Per quanto nessuno si aspetti che queste sotto valutazioni siano ripristinate nel giro di poche settimane o mesi, c’è la convinzione che vi siano opportunità in determinate azioni che traggono beneficio dalle valutazioni ribassate in Europa ma che sono in grado di generare la maggior parte dei loro rendimenti al di fuori dell’Europa.
Si tratta di società che hanno dimostrato, dallo scoppio della crisi Lehman Brothers di quattro anni fa, di sapersi destreggiare sui mercati internazionali e di muoversi con aggressività anche nei mercati emergenti. Aziende, di solito, con grandi brand affermati e molto solide anche se non mancano le piccole e medie imprese che, in virtù della loro flessibilità e capacità imprenditoriale, si stanno affermando al di fuori del perimetro europeo.
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