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Tassi USA, per il 2018 sarà necessario verificare l’evoluzione dell’inflazione

Il FOMC della Fed ha aumentato i tassi dello 0,25% e un altro rialzo è atteso per quest’anno. Per il 2018, però, molto dipenderà da come si muoverà l’inflazione.

16 Giugno 2017 09:24
financialounge -  Federal Reserve inflazione Keith Wade Schroders tassi di interesse USA

“Ci aspettiamo ancora un altro incremento di 25 punti base (+0,25%) a settembre e due altri rialzi dei tassi nel 2018, con una pausa significativa intorno all’inizio del nuovo anno, in corrispondenza dell’inizio della riduzione del bilancio” rivela Keith Wade, Chief Economist & Strategist di Schroders, dopo le decisioni del FOMC (Federal Open Market Committee, l'organismo della Federal Reserve incaricato di operare sui tassi USA): rialzo dei tassi di altri 25 punti base (+0,25%) e annuncio dei piani per iniziare a ridurre i 4.500 miliardi di dollari di asset acquisiti nel corso del programma di acquisto di asset.

La proiezione formulata da Keith Wade non si discosta molto dai cosiddetti ‘dot’ dei membri del FOMC che implicano un altro aumento dei tassi per quest’anno e due ulteriori rialzi nel 2018. Tuttavia, come ha modo di sottolineare lo strategist, serviranno segnali evidenti dell’incremento di crescita e inflazione, affinché ciò si realizzi.

“I dati sull’inflazione negli Stati Uniti continuano a risultare inferiori alle aspettative, con il tasso core (cioè al netto di energia e alimentari) in rallentamento all’1,7% il mese scorso. La ripresa della crescita dalla metà dell’anno scorso non è stata accompagnata da un aumento del potere di determinazione dei prezzi, mentre sul lato dei costi, la crescita salariale resta debole” puntualizza Keith Wade, secondo il quale la Fed valuterà con estrema attenzione le condizioni monetarie generali (dal valore del dollaro ai rendimenti obbligazionari fino al mercato azionario) che sembrano ora essere diventate meno stringenti.

“Non è affatto escluso un rimbalzo della crescita nel corso dell’attuale trimestre, che dovrebbe essere sufficiente perché la Fed agisca a settembre” conclude Keith Wade per il quale, però, successivamente tutto (o quasi) dipenderà dalla capacità o meno delle normali forze cicliche di un mercato del lavoro vicino alla piena occupazione di essere sufficienti per compensare i venti contrari strutturali che stanno frenando l’inflazione.
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