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Dollaro USA: valuta vincente, ma senza essere mattatrice assoluta

Il valore reale del dollaro USA ponderato per il commercio non è particolarmente economico mentre non si sa quanto potrà ancora durare lo stimolo economico tardivo.

28 Giugno 2018 08:00

Una valutazione complessivamente superiore, le cedole più generose e una posizione ciclica preminente. A distanza di 22 anni, il dollaro potrebbe tornare ad essere il mattatore assoluto dei mercati valutari internazionali come lo fu nel 1996 e nel 1981. Una possibilità che però Gene Frieda, Global Strategist di PIMCO, si sente di escludere. L’esperto ammette che, pur dopo l'apprezzamento del 7% negli ultimi cinque mesi, la crescita americana continua a superare quella delle altre economie mentre la Federal Reserve proseguirà nel suo percorso di aumento dei tassi altre due volte nel corso dell’anno.

SIGNIFICATIVE DIFFERENZE RISPETTO AL 1981 E AL 1996


Ma al contempo, Gene Frieda segnala delle significative differenze rispetto a quegli anni. In primo luogo, contrariamente agli anni 1981 e 1996, il valore reale del biglietto verde ponderato per il commercio non è attualmente altrettanto economico. In secondo luogo anche le valutazioni del mercato azionario sono importanti, poiché la maggior parte dei flussi azionari transfrontalieri non sono coperti dalla valuta. In terzo luogo, lo stimolo fiscale tardivo può rivelarsi un boomerang: è riuscito a sostenere il ritmo ciclico negli Stati Uniti ma non è chiaro quanto possa durare ancora.

Federal Reserve alla ricerca del tasso di interesse neutrale


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RISCHIO DI SURRISCALDARE L’ECONOMIA


“Gli Stati Uniti corrono il rischio non solo di surriscaldare l’economia, ma anche di avere minori possibilità di stimolo fiscale per combattere la prossima recessione. Di conseguenza, è improbabile che i rendimenti dei titoli a medio termine statunitensi aumentino molto più in alto rispetto a quelli dei paesi competitor in assenza di un aumento significativo dell'inflazione. Ciò dovrebbe a sua volta limitare il vantaggio di rendimento a lungo termine del dollaro rispetto ad altre valute” spiega Gene Frieda. In prospettiva, l’esperto non vede un rafforzamento del biglietto verde dagli attuali livelli sebbene un suo declino sia ancora lontano.

PREFERENZA VERSO LE VALUTE EMERGENTI


“Ci aspettiamo che altre importanti banche centrali comincino a mettersi sulla scia della Federal Reserve e inizino a normalizzare i tassi di interesse nel 2019. Ci aspettiamo anche che l'incertezza macroeconomica rimanga contenuta ragionevolmente. Questo scenario di caso base rafforza la nostra preferenza per mantenere un'esposizione valutaria nei mercati emergenti nei confronti del dollaro e dell'euro” specifica Gene Frieda.
Precisato tutto questo, l’esperto riconosce che tre elementi potrebbero però finire con il sostenere il dollaro.

EUROZONA A SINGHIOZZO


Per esempio se la crescita dell’Eurozona continuerà a fornire segnali a singhiozzo, la BCE potrebbe frenare ulteriormente i tassi: il biglietto verde ne trarrebbe vantaggio alla luce dei crescenti tassi di interesse statunitensi. Un altro aspetto di supporto potrebbe derivare dalle tensioni sui dazi commerciali.

Portafogli, l'importanza delle coperture dell'inflazione


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LE NUBI DEI DAZI COMMERCIALI


“Se fossero sufficienti da minacciare la crescita globale e il mercato azionario, la relativa avversione al rischio probabilmente sarebbe indirizzata verso il dollaro come ‘rifugio sicuro’ percepito nel breve periodo, in particolare nei confronti delle valute dei mercati emergenti” argomenta Gene Frieda.

I PRO E I CONTRO DELL’INFLAZIONE


Per quanto riguarda infine l’inflazione, se è vero che il rischio di un rialzo dei prezzi al consumo dovrebbe nuocere al biglietto verde rispetto alla maggior parte delle principali valute, è altrettanto vero che il dollaro potrebbe beneficiarne rispetto alle valute più sensibili al ciclo di crescita globale, principalmente quelle in Asia e in America Latina.
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