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Investimenti obbligazionari, verso una maggiore flessibilità

Dopo oltre trent’anni di mercato obbligazionario toro (ribasso dei tassi e rialzo dei prezzi) sembra imminente un cambio di regime: meglio essere più flessibili.

7 Novembre 2017 08:00
financialounge -  benchmark flessibilità Legg Mason Matteo Lenardon mercati obbligazionari

Negli ultimi trent’anni coloro che hanno investito nei mercati obbligazionari hanno potuto beneficiare di un periodo ininterrotto di rendimenti assoluti positivi. Non solo. Oltre alla loro missione di fornire protezione e diversificazione, gli investimenti a reddito fisso hanno fornito un solido contributo alla performance complessiva di portafoglio, in particolare in termini di rendimento corretto per il rischio.

In pratica, chi ha scelto le strategie relativamente statiche (ovvero collegate più o meno direttamente ad un preciso benchmark obbligazionario), ha potuto contare su performance altamente redditizie. Ma ora qualcosa sta cambiando.

Sempre più di frequente, negli ultimi tempi, diversi osservatori di mercato cominciano a considerare che questa secolare fase di mercato rialzista sia prossima alla fine. Alcuni esempi in questo senso, caratterizzati da un rialzo dei rendimenti obbligazionari (e un parallelo ribasso dei prezzi delle obbligazioni, che si muovono in direzione opposta ai rendimenti), sono stati il Taper Tantrum nel 2013, il Bund Tantrum nel 2015 e l’impennata dei rendimenti nelle settimane successive alla vittoria alle elezioni statunitensi del presidente Trump, nel novembre del 2016. Non possiamo ancora affermare con certezza di trovarci all’inizio di una fase sostenibile di rialzo dei tassi di interesse, tuttavia da luglio 2016, quando la Cina ha annunciato un pacchetto di misure di stimolo, il punto di svolta è sembrato consolidarsi, sostenendo l’allora incipiente trend reflazionistico mondiale.

”Proprio questa reflazione potrebbe segnare la fine del virtuoso contesto obbligazionario. Resta da vedere se la transizione sarà lenta e graduale (nell’ipotesi ideale) o improvvisa e violenta, ma il nostro punto di vista è che un cambiamento di scenario sia molto probabile, dato che i rendimenti si trovano in corrispondenza o prossimi ai minimi ciclici” puntualizza Matteo Lenardon, Deputy Country Head di Legg Mason Global Asset Management.

Si tratta di un aspetto importante perché con l’allungamento della duration dei benchmark (cioè la scadenza media dei titoli nel paniere), che ha portato a una maggiore sensibilità alle fluttuazioni dei tassi di interesse (infatti più aumenta la durata del titolo obbligazionario più la sua sensibilità all’aumento dei tassi di interesse aumenta, causando maggiori perdite in conto capitale), i rendimenti futuri dei tradizionali strumenti a reddito fisso appaiono, nel migliore dei casi, mediocri. Nel peggiore, invece, gli investitori vincolati a un indice obbligazionario potrebbero finire con alimentare delle perdite di capitale, dato che l’importo delle cedole potrebbe non permettere di compensare potenziali ribassi dei prezzi.

“Un esempio concreto è rappresentato dall’indice Bloomberg Barclays Global Aggregate, uno dei benchmark più seguiti da chi investe nei mercati a reddito fisso globali. La sua costruzione attuale evidenzia i rischi a cui gli investitori possono essere esposti e ciò ha spinto diversi osservatori a mettere in dubbio le prospettive di ‘rischio senza rendimento’ sul breve e medio periodo” fa sapere Matteo Lenardon. Particolarmente degno di nota è l’aumento della duration di quest’indice: come detto l’allungamento della duration porta a un aumento della sensibilità dell’indice a futuri rialzi dei tassi e a una maggiore probabilità di erosione del capitale.

Un altro aspetto da considerare, sempre relativamente all’indice Barclays Bloomberg Global Aggregate, è che il suo sottostante è composto attualmente da 18.000 emissioni che coprono 70 paesi e 24 valute. Si tratta di un indice sconfinato, il che implica una maggiore difficoltà di replica, costi di transazione più elevati e un tracking error maggiore, nel caso in cui si voglia misurarlo. Inoltre non fornisce necessariamente la diversificazione che gli investitori potrebbero aspettarsi.

Ad esempio, quest’indice è fortemente sbilanciato nei confronti dei Paesi che hanno emesso maggiore debito: gli Stati Uniti, l’Eurozona e il Giappone, che attraverso i titoli di Stato, compongono oltre la metà dell’indice. Nel prossimo articolo, partendo dalle aspettative di rendimento dell’indice Barclays Bloomberg Global Aggregate, spiegheremo perché un approccio flessibile e svincolato dal benchmark rappresenta una strategia efficiente per l’investimento obbligazionario per i prossimi anni.
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