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Dollaro USA, i fondamentali di lungo termine dicono che è sopravvalutato

Sono molteplici i metodi di valutazione tradizionale che consentono di valutare il dollaro americano: la conclusione è che è sopravvalutato

2 Maggio 2018 10:21
financialounge -  dollaro Legg Mason Robert O. Abad USA Western Asset

Tenendo conto dei persistenti deficit fiscali e di bilancio degli Stati Uniti, il dollaro americano appare un po’ sopravvalutato. Non solo. Come fa notare Robert O. Abad, Product Specialist di Western Asset (Legg Mason), il biglietto verde deve fare i conti anche con la concorrenza di altre divise internazionali che mostrano parametri complessivi più attraenti.

LA FORZA DEI MERCATI EMERGENTI


“I mercati emergenti stanno beneficiando in modo significativo della ripresa globale in corso. Il rimbalzo dei volumi di scambio globali e dei prezzi delle materie prime dopo il collasso del prezzo del petrolio nel 2014-2015 va a favore della loro ragione di scambio – il prezzo relativo di esportazioni e importazioni – e sostiene le prospettive di crescita di molti paesi emergenti” spiega Robert O. Abad secondo il quale, tenuto conto della stabilità ormai acquisita da parte di molte economie emergenti, eventuali shock potrebbero essere più ragionevolmente assorbiti dalle economie emergenti rispetto ad altre economie. Anche per questo l’esperto definisce il debito locale dei paesi emergenti “l’area con le migliori opportunità per gli investitori”.

EUROZONA, ACCELERAZIONE DELLA CRESCITA


Anche l’eurozona mostra elementi di appeal interessanti. A cominciare dal PIL che sta registrando il ritmo di crescita più rapido da 7 anni a questa parte, con un potenziale per ulteriori miglioramenti. “La dinamica di crescita è ampia, con la dipendenza dalle esportazioni nette che sta diminuendo grazie al rafforzamento della domanda domestica. Complessivamente vediamo uno scenario che, anche grazie anche al recedere del rischio politico in Europa, continuerà a favorire un euro forte” specifica Robert O. Abad. L’esperto non manca poi di ricordare altri due importanti fattori tecnici che potrebbero ulteriormente far salire l’euro. In primis la possibilità che gli asset manager aumentino la loro esposizione sull’azionario e l’obbligazionario europeo e, in secondo luogo, la possibilità che i gestori di riserve valutarie scelgano di comprare più euro a scapito del dollaro, invertendo un declino cominciato nel 2009.

NESSUN SUPPORTO DAI TASSI DI INTERESSE


Il tutto senza trascurare un altro aspetto tecnico di rilievo: al momento, la divisa americana non è più correlata con alcuni importanti differenziali di tassi di interesse. “Fino a prima del primo trimestre 2017, il livello dell’euro rispetto al dollaro era determinato soprattutto dal differenziale dei tassi di interesse forward (quelli attesi a 12 mesi). Una correlazione che si è mostrata valida per anni e che ci ha convinti ad essere sottoesposti all’euro rispetto al dollaro nei nostri portafogli globali e internazionali” sottolinea l’esperto che però, a inizio 2017, si è persuaso che la moneta unica si sarebbe rafforzata rispetto al dollaro. Una convinzione dettata dal fatto che i miglioramenti nei dati dell’Eurozona risultavano sottostimati dal mercato che, in parallelo, aveva sotto ponderato anche il conseguente aumento delle esposizioni agli asset europei nei portafogli.

CRESCITA E FLUSSI DI ACQUISTI


“L’euro si è effettivamente apprezzato, nonostante un differenziale di tassi di interesse che avrebbe dovuto favorire il biglietto verde. Una conferma che la crescita e i flussi degli acquisti di asset sono i fattori di cui tener conto quando si determina il fair value di una valuta” precisa Robert O. Abad. Alla luce di questi fattori fondamentali, tecnici e strutturali, l’esperto non crede che i recenti rafforzamenti del dollaro rappresentino l’inizio di una vera e propria tendenza. Al contrario il biglietto verde dovrebbe arretrare rispetto ad altre valute, come l’euro e alcune valute emergenti.

APPROFONDIMENTO
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COSA POTREBBE CAMBIARE LE CARTE IN TAVOLA


“Tra i fattori in grado di invertire questo scenario potrebbero esserci una crescita americana più robusta del previsto (con un conseguente rafforzamento del dollaro) oppure una frenata dell’economia dell’Eurozona, che provocherebbe un indebolimento dell’euro. Anche uno shock improvviso nella crescita globale rimescolerebbe le carte ma, per ora, i dati ciclici ci dicono che si tratta di un evento poco probabile” conclude Robert O. Abad.
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