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Azioni, perché restano ancora la prima scelta (ma con giudizio)

Dopo un 2017 guidato da un forte rialzo degli utili aziendali, quest’anno il trend positivo potrà proseguire privilegiando, nell’ordine, Wall Street, emergenti ed Europa.

17 Aprile 2018 15:56
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Sebbene i mercati azionari non siano certo a buon mercato, dal momento che in base a rapporti tradizionali, come il p/e, sono vicini alle medie storiche, sembrano non mostrare nessuna irrazionalità e nemmeno pericolo di bolle finanziarie. È questa una delle puntualizzazioni fatte da Maria Paola Toschi, Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management nel corso della presentazione dell’Outlook del secondo trimestre 2018.

IL RALLY DEI MERCATI DEL 2017


La strategist parte dalla constatazione del fatto che il rally dei mercati azionari del 2017 può essere catalogato come un apprezzamento dei listini ‘di qualità’: la robusta crescita degli utili ha infatti più che supportato l’aumento degli indici di Borsa. Alla luce di questo comportamento, anche il 2018 sarà guidato, secondo Maria Paola Toschi, dai profitti da mettere in relazione al contesto di mercato che vede, sullo sfondo, un graduale rialzo dei tassi di interesse, un incremento ‘controllato’ dell’inflazione e una crescita economica globale un po’ meno sincronizzata nelle diverse aree del mondo.

MEGLIO L’AZIONARIO DEL REDDITO FISSO


Detto questo, se l’azionario resta l’asset class preferita rispetto al reddito fisso, il podio delle preferenze in ambito equity vede, secondo Maria Paola Toschi, nell’ordine Wall Street, mercati emergenti ed Europa. “Wall Street evidenzia valutazioni che, se messe in relazione agli utili attesi per quest’anno (tra il +20% e il +23% nel primo trimestre del 2018) e per il 2019 (9% secondo le ultime previsioni), non sembrano affatto evidenziare pericoli di bolle” specifica la strategist che poi passa a parlare dei mercati emergenti.

APPROFONDIMENTO-Guarda l'intervista a Maria Paola Toschi

https://vimeo.com/259900616

MERCATI EMERGENTI, FATTORI CICLICI E STRUTTURALI


“A favore dei paesi in via di sviluppo giocano fattori sia ciclici che strutturali. Per esempio, dal 2016-2017 l’apporto dei paesi emergenti produttori di materie prime si è rafforzato e adesso contribuisce a stabilizzare, a un buon livello, la crescita complessiva dei paesi in via di sviluppo nel loro insieme”. Inoltre, mentre negli ultimi anni l’apporto del contributo del PIL dei paesi sviluppati (USA, Europa e Giappone) alla crescita globale è in graduale declino, quello promosso da India e Cina è in sostanziale aumento.

IL TAPER TANTRUM DEL 2013


Un ulteriore elemento di supporto all’investimento nei mercati emergenti è poi quello relativo alla forza delle valute. Dal taper tantrum del maggio 2013 (quando le anticipazioni su una possibile riduzione del programma di acquisto di bond sul mercato da parte della Fed decretarono un brusco calo delle divise emergenti), i paesi in via di sviluppo hanno nettamene migliorato sia le bilance commerciali e sia i bilanci statali: ora le divise dei paesi emergenti sono quindi ben salde e potrebbero semmai apprezzarsi rispetto al dollaro USA.

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AZIONI EUROPA, RISCHIO IMPREVEDIBILITA’


Per quanto riguarda invece il mercato azionario europeo, Maria Paola Toschi sostiene che permanga un ‘rischio imprevedibilità’. Nel senso che dopo un ottimo 2017 ‘ci aspettiamo un proseguimento del trend positivo ma siamo convinti che alcune problematiche di fondo potrebbero determinare un freno per le scelte dei grandi investitori istituzionali’. Il riferimento della strategist è, per esempio, alle riforme strutturali che spesso non vengono adottate.
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