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Se salta quel tappo che comprime Wall Street

Le prossime sei-sette settimane saranno cruciali per capire se le guerre commerciali di Trump resteranno verbali o saranno davvero guerreggiate. E se salta il tappo della paura Wall Street potrebbe correre.

16 Luglio 2018 08:37

Ma come mai gli indici di Wall Street continuano a viaggiare a ridosso dei massimi di sempre toccati a fine gennaio, con il Nasdaq addirittura sopra, nonostante l’escalation della guerra dei dazi dichiarata da Trump a Cina e Europa, che secondo molti esperti potrebbe far deragliare la ripresa globale con un effetto boomerang anche sull’America? Forse la domanda è sbagliata. Forse bisognerebbe chiedersi dove sarebbe Wall Street senza il freno dei timori per le conseguenze delle guerre commerciali, che si aggiungono a quelli sulle incertezze politiche in Europa e a quelli sull’impatto della combinazione tassi USA in rialzo-dollaro forte su economie e mercati emergenti. Le prossime sei-sette settimane saranno cruciali per capire se la guerra dei dazi, da prevalentemente verbale, diventerà guerreggiata, soprattutto tra USA e Cina. Ma, se tutto dovesse finire in una specie di bolla di sapone globale, il tappo che blocca Wall Street potrebbe saltare, liberando gli effetti di tutti i fattori positivi che continuano ad accumularsi e che potrebbero sprigionare tutta la loro forza.

APERTA PARENTESI


Esattamente quattro anni fa su questo Bulletin abbiamo fatto lo stesso esercizio speculativo sul prezzo del petrolio. Mentre molti si chiedevano come mai non prendesse il volo dalle quotazioni di allora vicine ai 100 dollari, con tutte le tensioni che si scatenavano in Medio Oriente, dall’ISIS alla sciagurata Primavera Araba, noi ci chiedevano invece quanto avrebbe potuto precipitare causa una serie di fattori, a partire dall’esplosione dello shale oil americano. Sei mesi dopo da 100 dollari era sceso a 60, e dopo altri tre-quattro mesi era in area 40. Parentesi chiusa e torniamo a Wall Street, ma prima di vedere quali sono le spinte al rialzo frenate dai timori sui dazi, guardiamo meglio di cosa hanno veramente paura gli investitori.

PAURE E SPINTE COMPRESSE


Secondo le stime più aggiornate degli economisti delle principali banche la guerra dei dazi potrebbe rallentare dell’1% la crescita del PIL USA per due anni se non addirittura spingere l’economia in recessione, con la perdita di oltre 2,5 milioni di posti di lavoro. Ma questo solo in caso di una guerra commerciale guerreggiata, con gli americani che impongono dazi del 10% o oltre su tutte le importazioni e con i partner europei e cinesi che rispondono con rappresaglie proporzionate. Se invece sono solo minacce che Trump agita sperando di ottenere qualcosa da vendere come una vittoria nella campagna elettorale delle elezioni di mid-term a novembre, allora cambia tutto. E passiamo alle spinte al rialzo ora compresse. Le principali si chiamano ‘fondamentali’, sia quelli dell’economia, sia quelli delle società quotate sul NYSE. I primi dicono che l’economia USA nel secondo trimestre cresce vicino al 4%, continua a creare posti di lavoro al ritmo di oltre 200.000 al mese con la fiducia di imprese e consumatori ai massimi sostenuta dalla riforma fiscale.

Rovelli (BlackRock): “Crescita USA al 4%? Non è un ritmo sostenibile”


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LE SERIE STORICHE SONO POSITIVE


Grazie a questi fondamentali stellari, le società dello S&P 500 macinano utili. Secondo i dati di Factset Research quelle che finora hanno pubblicato le trimestrali hanno battuto il consenso su utili e ricavi, comprese JP Morgan e Citi venerdì. In totale le attese sono di una crescita di quasi il 21% degli utili per azione. In termini di prezzi delle azioni, questo incorpora un multiplo di 16,2 volte gli utili, storicamente non molto elevato, anche se negli ultimi 10 anni la media è di 14,4, ma incorpora il crollo del 2008-2009. Poi ci sono i trend storici. The Motley Fool riporta che la serie dal 1871 mostra che negli anni delle elezioni di mid-term tra l’ultimo trimestre e il primo dell’anno dopo c’è stato un ritorno positivo nell’87% dei casi, con lo S&P 500 in rialzo del 14% in media durante l’arco dei sei mesi. C’è chi è ancora più preciso. Come il Chief Equity Strategist di S&P Capital IQ, Sam Stovall che, citato da Seeking Alpha, stima al 100% le possibilità di un ritorno positivo dello S&P 500 nei 12 mesi successivi al 31 ottobre di un anno mid-term, con un rialzo medio del 17,5%.

QUEL CONTRARIAN DI BUFFETT


Infine c’è il ragionamento contrarian. Il miglior momento per comprare di solito è quello che vede la gran parte degli investitori sulle side-line, magari seduti sul cash in attesa che i prezzi vengano giù e si presenti una grossa opportunità di sconto. E se l’opportunità fosse già lì? Parafrasando Warren Buffett, se aspetti che ci sia un vasto consenso per comprare in Borsa rischi di pagare un prezzo molto alto. Il miglior amico dell’investitore che guarda al valore nel lungo termine è l’incertezza.

Attese & Mercati – Settimana dal 16 luglio 2018


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BOTTOM LINE


Prendiamo a prestito ancora Buffett, questa volta virgolettato: “'A bull market is like sex. It feels best just before it ends”. Il mercato Toro è come il sesso. Il momento migliore arriva solo proprio prima della fine. A fine gennaio di quest’anno molti hanno avuto la sensazione che il climax fosse stato raggiunto. Preferiamo pensare che il meglio debba ancora venire.

(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)
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