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Christine Lagarde

News & Views – 24 aprile 2017

Insight dalla redazione di FinanciaLounge su quello che si muove nelle economie e nei mercati.

24 Aprile 2017 10:18
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Fuochi d’artificio a Wall Street
Dimentichiamoci le elezioni francesi e i populismi europei. Almeno a Wall Street nella settimana che inizia oggi gli occhi saranno tutti sulle trimestrali. Quasi 200 società dello S&P 500, che rappresentano il 40% della sua capitalizzazione, vale a dire 7.700 miliardi di dollari, pubblicano i risultati del primo trimestre nei prossimi 5 giorni. Si va dalla holding che sta sopra Google, Alphabet, a Amazon, a Microsoft passando per Exxon Mobil. Finora i risultati sono stati positivi e in accelerazione, ma quella della settimana entrante è un test molto importante. E lo è anche per la tenuta dei tecnologici e del Nasdaq, che nell’ultimo mese ha fatto molto meglio degli altri due indici di riferimento. Finora i protagonisti della scena sono state le grandi banche, che hanno tutte fatto bene con l’eccezione di Goldman, che ha deluso le attese pur raddoppiando l’utile rispetto a un anno prima. Più in generale, i risultati pubblicati finora hanno alzato l’earning per share dei titoli dello S&P 500 da 10,4 a 11,2, un aumento del 7% che ora ha bisogno di conferma. Il giorno clou sarà giovedì, oltre a Alphabet, Amazon e Microsoft, usciranno anche i trimestri Intel e Starbucks, tutti a mercati chiusi. L’effetto con possibili fuochi d’artificio ci sarà venerdì, che è anche l’ultimo giorno di Wall Street di aprile.

Lo scalpo che la ‘corva bianca’ non riesce ad avere
Bisogna cominciare a pensare che quando la grande capa dalla chioma bianca del Fondo Monetario Internazionale parla, lo fa a titolo personale e non in nome dell’istituzione che dirige. Ogni volta che apre bocca Christine Lagarde non dimentica mai di denunciare il pericolo del protezionismo che minaccia di far deragliare la ripresa globale di cui anche lei, altrimenti nota come ‘cigno del malaugurio’, deve ammettere l’esistenza. Ma nei comunicati ufficiali del Fondo, come quello appena rilasciato a conclusione dello Spring Meeting appena concluso a Washington, la parola protezionismo non si riesce a trovarla neanche con l’ausilio di un cane da tartufi di Alba. Come è già successo al comunicato del G20 il mese scorso, anche questa volta lo ‘statement’ parla della necessità di “lavorare a rafforzare il contributo del commercio alla crescita delle nostre economie”. Sarà un caso che l’America di Donald Trump, accusato senza prove di protezionismo, una parola che non ha mai pronunciato, sia anche il principale azionista di Fondo Monetario e Banca Mondiale? Corva Bianca proprio non riesce a fregiarsi dello scalpo arancione di The Donald.

Turbolenta corsa all’oro
Il classico elefante nella cristalleria. Negli ultimi sei mesi un complesso sistema di ETF che investe in titoli minerari auriferi ha registrato flussi in entrata per 20 miliardi di dollari che superavano di molto il valore del sottostante, spingendo il gestore del fondo replicante a ammassare nuovi quantitativi di azioni di dozzine di piccoli titoli minerari, per cercare di allineare i prezzi del sottostante con quelli del fondo, ma questo ha anche comportato una serie di convulsioni di prezzi nei titoli auriferi, dal Canada all’Australia, mentre il prezzo dell’oro, che resta il riferimento, è rimasto sostanzialmente stabile. Alla fine gli ETF sono stati congelati per consentire al processo di riallineamento tra ETF e asset sottostanti. Si tratta del VanEck Vectors Junior Gold Miners e del Direxion Daily Junior Gold Miners Index Bull 3X ETF, secondo la ricostruzione del WSJ, con il secondo che opera con una leva di tre volte sull’andamento del primo. Una storia complicata in cui nessuno si è fatto veramente male, ma che ha provocato distorsioni importanti sul mercato e che impone una riflessione, soprattutto regolatoria, su un’industria che ormai sfiora i 5 mila miliardi di dollari in asset (non) gestiti.
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