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Le prime possibili grane dopo la luna di miele tra Wall Street e Trump

A 100 giorni dall’elezione di Donald Trump l’economia reale appare solida, ma Wall Street aspetta il presidente al varco: ecco perché.

23 Febbraio 2017 10:22
financialounge -  donald Trump mercati azionari USA Wall Street

Sono passati 100 giorni dalla notte del 9 novembre, quando Donald Trump diventava il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Da allora, sembra che anche Wall Street abbia votato a suo favore, abbracciando in modo decisivo la sua promessa di cambiamento.

L’indice S&P500 di Wall Street ha registrato un rialzo del 10% circa (che diventa del +15% dai minimi dell’alba del 9 novembre quando i mercati sembravano reagire in modo fortemente avverso all’ipotesi di una vittoria di Trump). Sempre nei primi 100 giorni post elezioni, il Dow Jones Industrials si è impennato oltre quota 20.000 punti mentre l’indice azionario Russell 2000, rappresentativo delle aziende americane di più piccole dimensioni, ha messo a segno una crescita del 17%.

In parallelo alla fiducia degli investitori è aumentata pure quella nel futuro dell’economia da parte dei consumatori, degli amministratori delegati e delle piccole imprese sulla scia della prospettiva di deregolamentazione e di un anno di crescita più robusta. Ma ora, con il VIX (indice sulle opzioni dell’S&P500 di Wall Street utilizzato come termometro delle tensioni sui mercati) vicino ai minimi del ciclo e le quotazioni di borsa quasi non curanti del rischio di mercato, la domanda è se ci sia o meno da preoccuparsi.

Se è vero che gli ultimi segnali provenienti dall’economia reale indicano un effettivo miglioramento della crescita economica nelle principali aree geografiche, è altrettanto vero che si delineano pure alcune nuvole all'orizzonte.

Se si guarda all’America si nota per esempio che il credito bancario ha iniziato a rallentare, l'utilizzo della capacità produttiva continua a indicare che siamo vicini al massimo, le vendite di case nuove si stanno indebolendo e l'inflazione sembra essere in fase ascendente: tutto questo ha spinto di recente la Fed a ribadire la sua intenzione di rialzare i tassi per tre volte quest’anno.

Se si guarda poi al rapporto p/e (prezzo/utili) si nota che, tenendo conto dei profitti attesi per l’anno in corso, il valore dovrebbe oscillare tra 17,8 e 18,6: un livello ben al di sopra della media decennale (pari a 16,0). Ecco perché, secondo gli analisti più attenti, sarà determinante il prossimo discorso al Congresso di Trump il 28 febbraio, dove dovrebbero essere resi noti i dettagli della riforma fiscale: per mantenere gli indici di borsa a questi livelli o, magari, proiettati a livelli superiori, gli investitori vorranno toccare con mano il perimetro di una proposta concreta per valutare quali implicazioni ci saranno per l’anno in corso e per il 2018.
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