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Le ombre minacciose su Wall Street: credito eccessivo e Fed timida

Wall Street continua a registrare nuovi record storici mentre le condizioni del credito alle imprese sono troppo favorevoli e la Fed è troppo ancorata all’inflazione.

20 Ottobre 2017 09:51
financialounge -  Federal Reserve GAM Larry Hatheway Wall Street

L’indice S&P500 è giudicato da una percentuale crescente di osservatori troppo caro e, di conseguenza, a rischio di una forte correzione. Una preoccupazione quest’ultima dovuta al fatto che i dati sull'occupazione e le letture del Purchasing Managers Index (PMI, l'Indice composito dell'attività manifatturiera) si posizionano, entrambi, su livelli che generalmente implicano il surriscaldamento dell’economia mentre la Fed si sta avviando a rialzare i tassi.

L'indice di occupazione principale (RenMac’s Master Employment Index) è ora nel 90 ° percentile (in una scala di 100), che è storicamente negativo per i rendimenti futuri dell’S&P 500, poiché segnala che l'economia sta scorrendo troppo. Purtroppo il termostato preferito della Fed, l'inflazione, rimane nel quarto quartile, e non sembra preoccupare la banca centrale americana.

"È un po’ come se si volesse giudicare il calore in un forno a microonde toccando la porta: l’approccio sbagliato per valutare correttamente la temperatura" commenta un operatore di Wall Street di lunga esperienza temendo che la Fed possa essere indotta a cambiare in corsa l’atteggiamento passando ad un ritmo più aggressivo di rialzo dei tassi alimentato da un credito eccessivo.

In pratica, dal momento che i tassi bassi americani favoriscono i finanziamenti alle imprese senza che vi siano tracce nell’aumento dei prezzi al consumo, l’inflazione risulterebbe inappropriata per misurare il reale surriscaldamento dell’economia statunitense costringendo la Federal Reserve ad intervenire per recuperare il terreno perso e per non farsi sfuggire la situazione di mano nel caso in cui scattasse una nuova recessione. Certo un miglioramento dei fondamentali (dati economici più forti di quanto ci si aspetta, tra cui le letture aggiornate del prodotto interno lordo e il ritmo più rapido di produzione in 13 anni) possono allungare la vita al Toro di Borsa così come il ritrovato ottimismo circa i potenziali tagli fiscali alle imprese, in quanto la Casa Bianca e i repubblicani del Congresso sembrano vicini a una spinta per una riforma fiscale di ampio respiro.

In ogni caso, secondo Larry Hatheway, Capo economista di GAM, il contesto macroeconomico continua ad essere favorevole. Se, come sembra, i mercati danno per scontato un altro rialzo dei tassi entro fine anno, per un ulteriore restringimento tutto dipenderà dai futuri dati sull’inflazione.

“A tal riguardo, il FOMC (Federal Open Market Committee,l'organismo della Federal Reserve incaricato di sorvegliare le operazioni di mercato aperto negli Stati Uniti) ritiene che l’inflazione possa rimanere a livelli bassi dato che gli Stati Uniti si stanno avvicinando alla piena occupazione. Mentre alcuni indicatori di attività statunitense sono stati colpiti negativamente dai recenti uragani, è probabile che l’impatto sia temporaneo e che l’economia continui in linea” puntualizza Larry Hatheway, per il quale l’inflazione dovrebbe crescere dello 0,2% al mese e dell’1,8% su base annua: l’economista si aspetta che le vendite al dettaglio, che contribuiscono al dato del PIL, aumentino di un solido 0,4%.

“Negli Stati Uniti le riforme fiscali non sono state agevolate dagli attriti tra il presidente Trump e il senatore Corker. I Repubblicani sono alla ricerca di una qualsiasi vittoria in termini legislativi prima che prenda l’avvio la campagna elettorale, nei primi mesi dell’anno prossimo. Potremmo anche assistere alla formazione di una coalizione tra Repubblicani e alcuni Democratici per ottenere l’approvazione dei tagli fiscali” spiega Larry Hatheway, per il quale non ci dovrebbero comunque essere conseguenze degne di nota per il mercato statunitense dei capitali.
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