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Idee di investimento – Obbligazioni – 16 aprile 2018

Un contesto difficile per l’obbligazionario nel quale titoli di stato USA, yen, debito emergente potrebbero aiutare a bilanciare i rischi. Attenzione al dollaro australiano.

16 Aprile 2018 09:07
financialounge -  idee di investimento mercati obbligazionari obbligazioni

“In un contesto che già evidenzia una perdita di momentum ciclico, con indici PMI (indicatori che anticipano il ciclo economico) in rallentamento dai picchi di fine 2017, gli investitori individuano nelle tensioni commerciali un potenziale fattore recessivo” fanno sapere nell’articolo “Inflazione proiettata a raggiungere il target del 2%” gli esperti di Euromobiliare Asset Management, che poi aggiungono: “L’inflazione dovrebbe ancora salire con la componente core (al netto di energia e beni alimentari) destinata a raggiungere la fatidica soglia del  2% (dall’1,8% di febbraio) il che non dovrebbe rappresentare una grossa sorpresa per i mercati, in particolare obbligazionari”. I professionisti di Euromobiliare AM ricordano inoltre come, negli ultimi 3 mesi, le aspettative di inflazione incorporate nei rendimenti dei titoli governativi siano saldamente al di sopra del 2 per cento.

IL DECENNALE USA FINO AL 4,5%


Il problema, come argomentato nell’articolo “Le mosse della Federal Reserve e i pericoli per il mercato azionario” è che alcuni analisti arrivano a ipotizzare che nel giro di un paio di anni il rendimento del decennale del Tesoro USA possa arrivare fino al 4% o, addirittura, al 4,5%: uno scenario che provocherà una contrazione dei multipli di Borsa (e, quindi, delle quotazioni dei titoli azionari) dal momento che nessun incremento dei profitti potrà contrastare tale dinamica sfavorevole.

TITOLI DI STATO USA E YEN ANTIDOTI AI DAZI COMMERCIALI


Detto questo sembra che le probabilità di una guerra commerciale su scala globale siano salite sebbene restino confinate entro il 30%: tra le possibili difese, figurano i titoli di Stato USA a 10 anni e lo yen. A rivelarlo è l’articolo “Dazi commerciali, titoli USA e yen tra i possibili “antidoti”. Infatti, come precisato nel testo, sebbene l’asset allocation tattica globale debba restare orientata al rischio per trarre ancora vantaggio da una forte crescita economica globale, è opportuno detenere anche posizioni anticicliche. Tra queste si segnalano per esempio i titoli di stato USA decennali e lo yen giapponese che dovrebbero stabilizzare la perfomance del portafoglio nel caso in cui il mercato inizi a stimare una guerra commerciale su vasta scala.

L’APPEAL DEL DEBITO EMERGENTE


Un altro modo di mettersi al riparo dal potenziale rialzo dei tassi obbligazionari è delineato da Legg Mason nell’articolo “#SdR18, Tremonti: “Il populismo pone fine alla dimensione autoritaria della globalizzazione””. Legg Mason, in particolare, suggerisce di diversificare il portafoglio a reddito fisso con una visuale globale e non limitata all’Europa (o, addirittura, all’Italia). In quest’ottica, il debito emergente (in particolare quello in valuta locale) costituisce un’asset class interessante sia sotto il profilo dei rendimenti e sia sotto il profilo delle valutazioni. Un’altra asset class obbligazionaria da prendere in considerazione è quella relativa ai bond societari USA (ma tramite una selezione rigorosa degli emittenti e persino dei singoli titoli). Infine, ma non meno importante, anche l’approccio long / short che consente ai gestori attivi di scegliere il momento giusto per sfruttare a proprio vantaggio il rialzo dei tassi di interesse.

COME COMBATTERE INFLAZIONE E VOLATILITA’


Anche Luc D’hooge, responsabile del settore obbligazioni dei mercati emergenti di Vontobel Asset Management, è favorevole al debito dei paesi in via di sviluppo. “I rendimenti storici del debito emergente dimostrano che, a prescindere dal momento in cui si è investito, sarebbe sempre stato il momento giusto per investire” riferisce il manager nell’articolo “Debito emergente, è sempre il momento giusto per investire”. D’hooge ricorda come, dal 1994, solo quattro anni abbiano visto rendimenti negativi per questa asset class.  Ciascuno di questi anni ‘negativi’ è stato seguito da un anno di rendimenti fortemente positivi. Ma adesso l’appeal del debito emergente potrebbe aumentare anche a seguito dei timori circa il ritorno dell’inflazione. Il debito dei paesi in via di sviluppo dovrebbe essere considerato un investimento strutturale mentre la stragrande maggioranza degli investitori lo tratta come una soluzione di ‘contorno’ all’interno del portafoglio a reddito fisso.  “Si tratta pertanto di un’asset class sottoinvestita e qualcosa da cui gli investitori esperti e attivi (ma pazienti) possono trarre vantaggio attraverso rendimenti più elevati. Il ritorno della volatilità dall’inizio di febbraio è qualcosa che non deve essere temuto, ma sfruttato” specifica Luc D’hooge. Infatti, i rendimenti a lungo termine del debito emergente possono essere sfruttati al meglio tramite un’analisi del credito bottom up. Per mezzo di una paziente ricerca si possono individuare obbligazioni trascurate dai gestori che preferiscono seguire il benchmark.

DOLLARO AUSTRALIANO A RISCHIO


Infine, un’avvertenza in ambito valutario. La si può leggere nell’articolo “All’Australia il conto più salato nella guerra commerciale tra USA e Cina”. L’Australia da un lato ha nella Cina il suo maggiore mercato di esportazione mentre dall’altro ha negli Stati Uniti il suo maggiore investitore estero. Il disavanzo delle partite correnti dell’Australia è pari al 2,2% del PIL, il che potrebbe rendere il dollaro australiano sensibile a eventuali cambiamenti nei flussi di investimento esteri: più aumentano le tensioni tra Cina e Stati Uniti, più l’appeal della valuta di Sidney perde smalto. Non solo. Il dollaro australiano sarebbe anche vulnerabile a qualsiasi rallentamento del ritmo di crescita in Cina che avrebbe un impatto diretto sulla produzione economica dell’Australia attraverso i suoi mercati di esportazione.
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