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Idee di investimento – Azioni – 29 agosto 2016

29 Agosto 2016 09:16
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David Goodsell, Executive Director del Durable Portfolio Construction Research Centre di Natixis Global Asset Management, non ha dubbi: il maggiore pericolo per i propri investimenti, più della volatilità dei mercati e della scarsa crescita economica globale, è l’approccio dell’investitore. Il riferimento è ai dati emersi da una recente ricerca condotta da Natixis Global AM sugli investitori italiani e globali, ripresi nell’articolo “Risparmiatore moderno, il maggior pericolo per i propri investimenti”, che evidenziano le profonde contraddizioni che condizionano attualmente l’investitore moderno. “Non è soltanto ansioso, ma è anche profondamente combattuto. Il risparmiatore moderno, infatti, ha parecchi nodi da scogliere” commenta David Goodsell che poi spiega: “Se da un lato aspira alla crescita del proprio patrimonio, dall’altro non accetta di assumere maggiori rischi. Allo stesso modo, se ritiene convenienti gli investimenti passivi per via dei bassi costi poi però è convinto che ETF e prodotti passivi abbiano meno rischi. Poi, se punta a misurare le performance dei propri investimenti sulla base di obiettivi personali al contempo confessa di non avere ben delineati quali siano tali obiettivi”. Ecco perché, secondo David Goodsell, occorre informare di più e meglio gli investitori: è indispensabile aiutarli a prendere decisioni di investimento più consapevoli e informate per il loro futuro finanziario.

Una di queste informazioni fondamentali è sapere che l’essere eccessivamente fiduciosi che il mercato possa soltanto salire senza elementi fondamentali di supporto può portare a perdite difficilmente recuperabili. “Tutti gli individui sono influenzati, in una certa misura, da pregiudizi comportamentali che possono distorcere le decisioni di investimento” fa sapere nell’articolo “Finanza comportamentale, diffidare della prossima bolla”, Jonathan Horlacher, Thematic Research Analyst di Credit Suisse, secondo il quale, in particolare, la cosiddetta overconfidence (cioè la predisposizione dell’individuo a amplificare la fiducia nella accuratezza delle proprie previsioni e stime), può portare a una serie di errori di investimento e rendimenti a lungo termine che determinano risultati negativi, spesso difficilmente recuperabili. Se una particolare decisione va male (e, molto spesso, le previsioni si rivelano sbagliate), e l’azione in portafoglio, per esempio, perde il 50% del suo valore, deve poi aumentare del 100% solo per ritornare al suo livello iniziale.

Nel frattempo, in attesa che i profitti aziendali tornino a salire, si preferisce Wall Street al mercato azionario europeo perché meno esposta a problemi politici e al terrorismo. Il problema è che, come argomentato nell’articolo “Mercati azionari, l’affannosa ricerca della crescita degli utili”, l’Europa mostra dati fondamentali non certo più brillanti della borsa americana. Infatti, in base agli ultimi dati pubblicati da Thomson Reuters sui dati di bilancio del secondo trimestre 2016 delle imprese comprese nell’indice Stoxx 600 (aggiornati al 6 agosto), i ricavi medi sono scesi del 7,8 per cento mentre i profitti sono calati del 5,4%: il rapporto corrente prezzo/utili (p/e) dello Stoxx 600 si attesta di conseguenza a quota 19,3, un livello al di sopra della media degli ultimi dieci anni (16,0). Pertanto a parità di contesto (politiche monetarie tendenzialmente espansive) e di valutazioni (il rapporto p/e di Wall Street è intorno a quota 19,0), gli investitori preferiscono privilegiare il mercato azionario americano perché (almeno fino alle elezioni presidenziali USA di novembre) è meno esposto ai problemi politici e agli atti terroristici.

D’altra parte, come sostengono nell’articolo “Wall Street, nonostante i recenti record non è cara”, gli esperti di Amundi, il listino azionario statunitense può ancora dare soddisfazioni agli investitori “Sebbene le quotazioni siano salite, non sono ancora eccessive visto il livello dei tassi d’interesse che è stato spinto al ribasso dopo il referendum britannico del 23 giugno scorso” fanno sapere i professionisti di Amundi che, inoltre, segnalano come i risultati delle trimestrali siano stati piuttosto incoraggianti. Gli ultimi dati Thomson Reuters, relativi ai risultati al 22 agosto di 479 delle 500 aziende dell’S&P500, evidenziano infatti un 71% di risultati meglio delle aspettative e soltanto un 18% al di sotto delle attese.

Una possibile alternativa a Wall Street continua ad essere rappresentata dai mercati emergenti. Nell’articolo “Paesi emergenti 2017: slancio alla crescita da India, Russia e Brasile”, Craig Botham, Emerging Markets Economist di Schroders, segnala che, nonostante un possibile rallentamento della Cina, i paesi emergenti dovrebbero avvantaggiarsi dell’accelerazioni dell’India e del recupero di Russia e Brasile. L’India, in particolare è proiettata a fare da traino mentre Brasile e Russia dovrebbero confermare gli ultimi dati macro economici che indicano un superamento della fase più acuta della crisi interna. In ogni caso, come fa notare nell’articolo “Mercati emergenti, perché gli investitori dovrebbero preferirli” Prashant Khemka, CIO Emerging Markets Equity di Goldman Sachs Asset Management (GSAM), le opportunità non mancheranno per i gestori attivi, capaci di selezionare i paesi, i settori e i singoli titoli. Secondo Prashant Khemka è molto chiaro, a livello empirico, che i gestori dei Mercati Emergenti hanno prodotto in media un alpha (extra-rendimento rispetto alla media di mercato, ndr) significativamente maggiore rispetto ai loro colleghi dei mercati sviluppati. Il motivo sembra chiaro: i Mercati Emergenti rimangono un’asset class piuttosto inefficiente e la maggior parte dei benchmark ponderati per la capitalizzazione di mercato è strutturalmente distorta da grandi società di proprietà statale.
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