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Idee di investimento – Obbligazioni – 19 marzo 2018

In uno scenario di tassi di interesse in tendenziale aumento e di un graduale rafforzamento dell’euro, i mercati emergenti potrebbero non risultare la soluzione ideale.

19 Marzo 2018 09:25
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La crescita economica che già procede in modo vigoroso e diffuso in tutte le aree del mondo potrebbe sorprendere al rialzo sia quest’anno che nel 2019. In parallelo, però, anche la dinamica dei tassi di interesse dovrebbe proseguire in modo leggermente più spedito di quanto stimato. Sono queste, in estrema sintesi, le ultime previsioni espresse da Keith Wade, Chief Economist & Strategist di Schroders, formulate sulla base del piano del presidente Trump che prevede di incrementare di 300 miliardi di dollari la spesa pubblica americana e che sono spiegate nel dettaglio nell’articolo “Biennio 2018-2019: PIL in crescita, ma i tassi d’interesse aumenteranno”.

TASSI USA AL 3% NEL 2019


“La banca centrale americana ha iniziato la riduzione del proprio bilancio e, con l’inflazione core in crescita, ci aspettiamo altri quattro aumenti dei tassi di interesse nel 2018 e due nel 2019. Ci aspettiamo tassi al 3% a fine 2019” rivela lo strategist che, relativamente alla zona euro, prevede la conclusione del QE a settembre 2018. Successivamente dovrebbero prendere corpo tre rialzi dei tassi nel 2019, con il tasso di rifinanziamento che raggiungerà lo 0,75% e il tasso sui depositi lo 0,25%. Infine, nel Regno Unito, la principale preoccupazione della Bank of England (BoE) dovrebbe essere quella, secondo Keith Wade, di far salire l’inflazione. “Ci aspettiamo un aumento dei tassi nel 2018, e due nel 2019, arrivando all’1,25%. Prevediamo che il rialzo del 2018 avverrà a novembre, anche se i mercati suggeriscono che potrebbe essere deciso già a maggio” conclude Keith Wade.

EVITARE RISCHI SUI BOND


Edoardo Ugolini, Portfolio Manager di Zest Asset Management e gestore del fondo [tooltip-fondi codice_isin="LU0397464685"]Zest Absolute Return Var 4[/tooltip-fondi], nell’articolo ““Sul lungo termine meglio prepararsi ad alleggerire le posizioni” continua a sostenere che l’inflazione sarà considerata il toccasana da molti per cui la protezione di cui hanno goduto i creditori verrà meno: le obbligazioni saranno tendenzialmente meno sicure dello scorso decennio. “Dunque non vogliamo assumerci rischi su molti bond. D’altra parte se oggi acquisto il titolo tedesco a breve Schatz con un rendimento del -0.57% quante probabilità ho che vada a -1% e quante a +1%?” precisa il manager che, nell’ambito delle valute ritiene che il cambio euro dollaro americano non stia invertendo il trend. Piuttosto che il fixing eur/usd si stia consolidando tra 1,25 e 1,20

L’EURO È DESTINATO A RAFFORZARSI


Partendo proprio dal tasso di cambio eur-USD e dalla costatazione che il fixing ha seguito il trend del differenziale tra gli aumenti futuri previsti della Fed e quelli attesi da parte della BCE, Mohsen Fahmi, Portfolio Manager di PIMCO, nell’articolo “Perché l’euro è destinato a rafforzarsi ulteriormente” sostiene che una spiegazione della debolezza del dollaro vada ricercata nel fatto che molti operatori si siano convinti che l’obiettivo finale dei tassi di interesse USA a breve termine sia all’incirca in area 2,5% – 3%. Ciò potrebbe essere dovuto alla convinzione che la capacità produttiva possa essere alimentata dalla riforma fiscale e dai provvedimenti adottati dall’amministrazione Trump in tema di spesa fiscale: in tal modo la domanda aggiuntiva potrebbe risultare soddisfatta. Al contrario, secondo gli operatori di mercato, la maggiore domanda dovrebbe essere soddisfatta da maggiori importazioni e dalle dinamicità delle economie estere. Mohsen Fahmi, propone infine una tesi alternativa: un aumento sensibile dell’inflazione tale da razionare la domanda in un’economia con limitazioni di capacità.

L’OMBRA DEL PROTEZIONISMO


Certo, sul fixing eur/usd e, più in generale, su tutto il mercato dei cambi incombe il pericolo di una escalation del protezionismo “Per ora, è improbabile che decisioni commerciali limitate influenzino i fondamentali del mercato: il robusto ambiente di crescita globale supporta il regime di bassa volatilità e le attività di rischio. Rivedremo la nostra opinione nel momento in cui l’aumento del protezionismo iniziasse a danneggiare le prospettive di crescita globale” confida nell’articolo “Commercio internazionale, le scelte per non essere troppo esposti ai rischi” Richard Turnill, Global Chief Investment Strategist di BlackRock che, in quest’ultimo caso, indica nelle valute e nelle azioni emergenti gli asset più vulnerabili: in parallelo si verificherebbe anche una fuga verso presunti porti sicuri come i titoli di stato e lo yen. “Nel corso del tempo, le frizioni commerciali potrebbero interrompere le catene di approvvigionamento globali e aumentare il costo delle importazioni, portando a pressioni inflazionistiche. Ciò potrebbe aumentare il ritmo di inasprimento della politica monetaria della Federal Reserve” è l’ultimo avvertimento di Richard Turnill.

ARGENTINA, UN’ISOLA FELICE NEL MONDO EMERGENTE


Infine, restando nell’ambito dei mercati emergenti una segnalazione la merita l’Argentina. “Ciò che davvero ci colpisce in questo fase della sua evoluzione è il fatto che l’Argentina si stia allontanando il più velocemente possibile da un modello di consumo, spostandosi verso un modello basato sull’esportazione e sugli investimenti diretti esteri (l’esatto opposto di quanto fatto dalla Cina)” puntualizza nell’articolo “L’Argentina si prepara a sorprendere in positivo tra i mercati emergenti” Tim Love di GAM precisando che, il percorso dell’Argentina è molto simile, in termini politici, all’India. “Entrambi i governi (in Argentina e in India, ndr) sono saliti al potere sulla scia del malcontento popolare generato dalla lentezza del processo di riforma e a provvedimenti anticorruzione. Entrambi i paesi possono ora fare leva su un esecutivo con l’obiettivo di rivoluzionare e riformare il più possibile, con aspettative alte e realistiche per un secondo mandato che sarà trasformativo” conclude Tim Love.
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