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Cambio euro-dollaro, la crescita attesa conta più dei tassi di interesse

Il cambio euro-dollaro, che attualmente oscilla tra 1.08 e 1.14, sembra influenzato poco dalle politiche monetarie e molto dalle aspettative sulla crescita economica.

25 Agosto 2016 09:24
financialounge -  dollaro euro Federal Reserve mercati valutari tassi di interesse

Nonostante un solido mercato del lavoro statunitense (255 mila nuovi posti di lavoro a luglio e tassi di disoccupazione al di sotto del 5 per cento), altre positive sorprese dai dati macro economici americani e l’ampliamento dei differenziali di tasso tra l’area dollaro e l’area euro, il biglietto verde si è apprezzato poco negli ultimi mesi: il suo valore ponderato su base commerciale è salito soltanto di due punti percentuali dal suo minimo dei primi di maggio.

Questo è particolarmente vero nei confronti dell'euro, ed è tanto più sorprendente se si pensa che il risultato del referendum nel Regno Unito avrebbe potuto rappresentare un forte catalizzatore per un potenziale calo dell’euro.

D’altra parte i catalizzatori al ribasso per la moneta unica europea non sono certo mancati (dalla divergenza della politica monetaria della BCE rispetto a quella della Fed all'aumento dei rischi politici della zona euro) ma il cambio euro/USD si è sempre dimostrato piuttosto resiliente.

Sembra pertanto che la politica monetaria e i differenziali dei tassi contino meno rispetto alle aspettative di crescita. Una importante conferma di questa tesi è il comportamento del fixing euro/USD dopo il rialzo dei tassi USA a dicembre da parte della Fed che ha prodotto solo un modesto beneficio per il biglietto verde che, probabilmente, ha sofferto una crescita debole degli Stati Uniti sullo sfondo: allo stesso tempo, la zona Euro, dove i tassi sono rimasti fermi, ha evidenziato una crescita resiliente.

Alla luce di questi comportamenti, alcuni analisti sostengono che il cambio euro/USD sia destinato a rimanere elastico intorno a questi livelli (1,08 -1,14) senza escludere che possa anche spingersi fino a quota 1,16 entro fine anno, in attesa di verificare cosa decida la Federal Reserve.
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