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Buy back da record, ma Wall Street diffida

Il 2018 si prepara a battere il record del 2007 in termini di riacquisto di azioni da parte delle società quotate, ma il mercato è diffidente e non risponde con l’euforia di 11 anni fa.

12 Luglio 2018 07:50

Quando una grande azienda annuncia che vuol ricomprare azioni proprie sul mercato per centinaia di milioni di dollari, se non miliardi, gli investitori di solito festeggiano e i prezzi puntano a nord. Questo perché normalmente i buy back si fanno a prezzi alti, e chi ha investito in quel titolo ne approfitta per portare a casa un rotondo profit. I buy back sono un buon affare anche per il management, perchè migliorano in modo artificiale la performance. Il riacquisto di azioni riduce infatti il flottante, vale a dire il numero di azioni in mano al mercato, gonfiando in questo modo gli utili per azione che vengono pubblicati nelle trimestrali, semplicemente perchè la torta diventa più piccola. Il WSJ ha calcolato che quest’anno i buy back totalizzeranno la cifra record di 800 miliardi di dollari per le 500 società dell’indice S&P, eclissando il precedente massimo di quasi 600 miliardi messo a segno nel 2007, un anno prima che esplodesse la grande crisi.

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IN RITARDO SULLO S&P 500


Ma finora non hanno prodotto aumenti dei prezzi di Borsa. Sempre secondo i calcoli del Journal, i prezzi del 57% delle 350 società che da inizio anno hanno lanciato buy back restano in scia all’indice principale, che da inizio anno è salito poco più del 3%. Bisogna dire che ancora mancano all’appello alcuni big, come ad esempio Oracle, Bank of America e JP Morgan. Probabilmente gioca una tripla cautela. L’esperienza del passato, che ha visto il boom dei buy back precedere la crisi, i timori legati alle guerre commerciali, che fanno da freno a tutto il listino, e le valutazioni, giudicate in generale elevate. La preoccupazione è che le aziende, nel tentativo di sostenere i prezzi dei titoli, comprino le proprie azioni troppo care a magari siano in futuro costrette a venderle in perdita. Come accadde dopo il 2007 a colossi come Exxon, Mobil, Microsoft o IBM.

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L’ECCEZIONE DI APPLE


Molti inoltre preferirebbero vedere quei miliardi di dollari andare a finanziare investimenti per la crescita futura, invece che essere utilizzati per sostenere le azioni in Borsa. Esiste anche un indice S&P 500 dei buy back, che traccia i prezzi delle azioni delle 100 società che si sono distinte per riacquisti ingenti di azioni. Da inizio anno questo particolare indice S&P 500 segna un rialzo di appena l’1,3%, meno della metà dell’indice generale. C’è da dire che non tutti investono nei buy back. In molti, spinti anche dai benefici della riforma fiscale di Trump, decidono invece di spendere in investimenti, che nel primo trimestre del 2018 sono aumentati di quasi il 25% rispetto a un anno prima a 166 miliardi di dollari. Non poco anche se sempre meno di quanto speso in buy back. Alcuni analisti notano che i buy back vanno bene, anche a prezzi alti, quando li fanno aziende con ricavi in forte crescita. È il caso di Apple, che quest’anno ha ricomprato azioni proprie per quasi 23 miliardi di dollari e ha visto il titolo salire a Wall Street di oltre il 10%.
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