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Bitcoin, da criptovaluta a criptonite della grande finanza

Dimon (JPMorgan Chase) li paragona ai tulipani della prima storica speculazione. Per Fink (BlackRock) sono “l’indice del riciclaggio di denaro”.

18 Ottobre 2017 10:59
financialounge -  bitcoin BlackRock cina UBS

Da criptovaluta a criptonite, se si parla del bitcoin, il passo è breve. Prima il divieto del governo cinese, poi la sfuriata del CEO di JPMorgan Chase Jamie Dimon, tornato alla carica pochi giorni fa insieme a Larry Fink, CEO di BlackRock. Il bitcoin non sembra trovare pace, ma nel frattempo continua a segnare record. Nei giorni scorsi è arrivato a 5.700 dollari: un picco inimmaginabile appena dieci mesi fa, quando era fermo a poco più di 900 dollari. Ogni volta che la criptovaluta sembra essere sul punto di sgonfiarsi, riesce non solo a ripartire ma mostra capacità di recupero insospettabili. Non a caso, attualmente, il bitcoin è arrivato a capitalizzare 93 miliardi di dollari.

 

[caption id="attachment_119519" align="alignnone" width="600"]L'andamento del bitcoin da novembre 2015 a oggi. Valutazione in dollari (fonte: Blockchain.info) L'andamento del bitcoin da novembre 2015 a oggi. Valutazione in dollari (fonte: Blockchain.info)[/caption]

Ma i numeri, secondo molti esperti, non bastano. E sono soprattutto i “big” a guardare con sospetto al “re” delle criptovalute. Tra loro si è distinto Jamie Dimon, a capo di JPMorgan Chase, che lo scorso settembre aveva paragonato il bitcoin ai bulbi di tulipano, ovvero alla prima grande speculazione (finita molto male) che la storia dell’economia ricordi. Ora lo stesso Dimon è tornato alla carica, definendo senza mezzi termini la moneta virtuale “uno strumento per criminali” utile per chi vuole “riciclare denaro sporco”. L’avversione di Dimon verso i bitcoin non ha risparmiato neanche la figlia (rea di aver comprato un paio di bitcoin e per questo definita scherzosamente “ex figlia intelligente”) anche se la stessa JPMorgan Chase ha operato una netta separazione tra bitcoin e blockchain, la tecnologia usata per creare la criptovaluta, sfruttata per migliorare la sicurezza nei pagamenti.

Questa volta il fuoco sul bitcoin è stato incrociato, visto che i dubbi di Dimon, come riportato nei giorni scorsi dal Financial Times, sono stati ampiamente condivisi da Larry Fink, CEO di BlackRock, che ha paragonato il prezzo del bitcoin a un “indice del riciclaggio di denaro”. E pochi giorni fa anche la banca svizzera UBS si è unita al coro delle critiche, definendo l’incremento delle valutazioni “una bolla speculativa” pur mantenendo la distinzione con la tecnologia blockchain, che sempre secondo UBS “entro il 2027 potrà far incrementare il valore economico globale di 300-400 miliardi di dollari”.

Ma per quale motivo la grande finanza è così spaventata dal bitcoin? Questa e altre criptovalute rappresentano una minaccia per le valute tradizionali? Secondo i fan più sfegatati del bitcoin – tra cui un olandese che ha venduto tutti i suoi averi per investire in bitcoin, ma in attesa del boom vive in una roulotte - il motivo di fondo sta proprio nella portata rivoluzionaria delle criptovalute. “I bitcoin sono usati dai criminali quanto lo sono i dollari” ha spiegato al Financial Times Marco Santori, responsabile di Cooley, una società che si occupa di fintech. Secondo Santori il legame tra criminalità e bitcoin è una narrativa portata avanti da “intermediari che hanno paura di perdere il loro guadagno sul mercato” poiché “non ci sono prove di questo legame”. E nel frattempo anche il Kazakistan, dopo l’Estonia (prontamente bloccata dall’Unione europea) si prepara a lanciare una criptovaluta nazionale.

Tra coloro che vogliono imbrigliare il bitcoin c’è la Cina. Lo scorso settembre la Banca centrale cinese ha messo al bando le ICO, la versione interamente digitale delle IPO, provocando un crollo del bitcoin. Sembrava l’inizio di una lunga discesa, invece si trattava di una rincorsa verso nuovi picchi, che stanno arrivano in questi giorni. Se l’iniziativa cinese poteva sembrare dettata dalla storica tendenza accentratrice del governo di Pechino, le uscite di alcuni big della finanza rientrano in una categoria diversa. A questo punto è lecito chiedersi cosa c’è davvero dietro i bitcoin, chi ci guadagna e in quale modo il mondo della finanza “tradizionale” cercherà di venirne a capo.
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