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Obbligazioni, gli impatti del rialzo dei tassi e delle mosse di Fed e BCE

BCE e Fed sono ora ottimiste riguardo alle prospettive della crescita, ma restano piuttosto prudenti sulle aspettative d’inflazione che rimane l’osservata speciale.

20 Dicembre 2017 10:14
financialounge -  Amundi BCE Federal Reserve investment grade mercati obbligazionari tassi di interesse USA

Che effetto avrà il rialzo del tasso d’interesse privo di rischio sulle obbligazioni societarie investment grade USA? E quali sono le conclusioni più importanti delle ultime riunioni del 2017 della Federal Reserve e della BCE? Sono le domande che si sono posti gli esperti di Amundi nell’ultimo Weekly Market Review, il commento settimanale ai mercati finanziari.

Relativamente alla prima questione, i professionisti di Amundi sono partiti dalla constatazione che, negli ultimi anni, le obbligazioni societarie di alta qualità USA (quelle con rating investment grade) hanno beneficiato di un importante supporto dalla domanda degli investitori stranieri che sembrano aver trascurato, se non addirittura ignorato, il rischio di credito. In parallelo, l’offerta è aumentata al punto che le dimensioni del mercato ‘investment grade’ statunitense sono raddoppiate dal 2008 e l’indebitamento delle società USA ha raggiunto livelli record.

“Fortunatamente le aziende hanno sfruttato le condizioni eccezionali di finanziamento per prolungare la scadenza media delle loro obbligazioni. Prevediamo che nei prossimi mesi ci sarà un aumento significativo dei requisiti di rifinanziamento, e che l’aumento globale dei tassi renderà meno interessanti le obbligazioni investment grade” sottolineano gli esperti di Amundi che poi passano a parlare della Federal Reserve: “Come previsto dai mercati, il FOMC (Federal Open Market Committee, organismo della Federal Reserve che decide sui tassi di interesse americani) ha deciso di alzare per la terza volta in un anno i tassi sui Fed fund portando il loro corridoio all’1,25%-1,50%”.

I membri del FOMC, che si aspettano altri tre rialzi dei tassi nel 2018 e due nel 2019, hanno rivisto nettamente al rialzo le loro stime sulla crescita del PIL (2,4% per il 2018 e 2,1% per il 2019) esprimendo così la convinzione che la stagnazione del mercato del lavoro continuerà a diminuire. “Il comunicato del FOMC indica che le future azioni della Fed non sosterranno più ‘ulteriori rafforzamenti’, bensì consentiranno alle condizioni sul mercato del lavoro di rimanere vigorose” dicono gli esperti di Amundi che relativamente invece alla BCE rimarcano come, al tono molto ottimistico di Mario Draghi sulla crescita del PIL, abbia fatto da contraltare la sua posizione ancora piuttosto prudente sull’inflazione, perché la proiezione di un indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) all’1,7% nel 2020 potrebbe apparire piuttosto conservativa.

“Un accorgimento che ha permesso all’euro di evitare un ulteriore apprezzamento in quanto la stima di un’inflazione più vicina al 2% nel 2020 avrebbe indotto gli investitori a credere che l’obiettivo della BCE era a portata di mano” spiegano gli esperti di Amundi. Che poi concludono: “La BCE e la Fed appaiono molto più ottimiste riguardo alle prospettive della crescita, mentre rimangono piuttosto prudenti sulle aspettative d’inflazione. Sarà pertanto decisivo l’andamento dell’inflazione sottostante nei prossimi mesi”.
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