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Mercati emergenti, un nuovo interessante tema d’investimento

23 Maggio 2016 10:27
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I mercati azionari e obbligazionari dei paesi emergenti dovrebbero riprendersi nel 2016. È questa la previsione formulata da Philippe Ithurbide, Global Head of Research, Strategy and Analysis Research di Amundi, secondo il quale sono sostanzialmente quattro i prerequisiti affinché un investimento in un paese emergente abbia successo.

In primis la politica della Fed deve rimanere accomodante più di quanto si pensi generalmente. In secondo luogo i timori sulla crescita della Cina e quelli e sul renminbi appiono esagerati. Il terzo prerequisito è che i prezzi del petrolio e delle materie non diminuiscano ulteriormente e inizino a recuperare mentre infine, al quarto punto, c’è la crescita mondiale che non dovrebbe rallentare ulteriormente.

“La crescita mondiale dovrebbe aggirarsi attorno al 3% sia nel 2016, sia nel 2017, e non sono previsti ulteriori rallentamenti o recessioni. Russia e Brasile (in una fase successiva) dovrebbero uscire gradualmente dallo stato di crisi e si prevede un miglioramento progressivo della crescita del PIL nei Paesi emergenti” spiega Philippe Ithurbide per il quale, non appena i prerequisiti saranno soddisfatti, gli aspetti più attraenti dei mercati emergenti torneranno a splendere alla luce anche del fatto che possono vantare cinque caratteristiche chiave capaci di attrarre gli investitori, a cominciare dai tassi di rendimento del loro debito, una vera e propria oasi visto lo scenario attuale di tassi bassi e, in molti casi, addirittura negativi.

Al momento, infatti, il 35% dell’indice Barclays Euro global Aggregate (titoli sovrani e quasi-sovrani, obbligazioni societarie e titoli finanziari) ha un rendimento negativo, e solo una piccola quota ha un rendimento superiore al 2%.

Il debito dei paesi emergenti presenta ancora rendimenti e spread interessanti: un vantaggio non trascurabile per gli investitori viste le condizioni attuali. A questo si aggiunge il fatto che le valute locali sono a buon mercato, in alcuni casi nettamente sottovalutate. Anche per questo, secondo Philippe Ithurbide, in questa fase ha senso passare dal debito in valuta forte a quello in valuta locale.

Un altro aspetto di rilievo che premia i mercati emergenti è che la svalutazione delle divise ha permesso di evitare un’importante contraccolpo interno (recessione/depressione) favorendo ora una ripresa più sostenuta. Inoltre, e siamo al quarto fattore chiave, si registra un minor debito in dollari Usd rispetto al passato e, infine, c’è da segnalare la relazione inversa tra il dollaro americano e il prezzo del petrolio: quando sale il primo scende il secondo e viceversa.

“Negli ultimi tre anni e mezzo, le classi di attivi dei mercati emergenti sono state completamente trascurate per via dei fattori summenzionati e della sovrastima di alcuni rischi e timori. Come accade sempre con le classi di attivi trascurate, i mercati emergenti sono sottopesati nei portafogli internazionali e le valutazioni presentano punti d’ingresso interessanti” conclude Philippe Ithurbide.
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