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Inflazione Eurozona, l’obiettivo 2% ora sembra più incerto che mai

Gli ultimi dati dell’Eurozona relativi al PIL (in crescita vigorosa nel terzo trimestre 2017) e dell’inflazione (in calo) sollevano forti dubbi sull’inflazione futura.

9 Novembre 2017 08:00
financialounge -  Amundi BCE Eurozona inflazione PIL

Da dove deriva l’evidente contraddizione fra una crescita solida e un’inflazione debole, un problema che si riscontra in misura diversa nella maggior parte dei paesi sviluppati?

Se lo sono chiesto gli esperti di Amundidopo aver osservato gli ultimi dati dell’Eurozona relativi al PIL (in crescita vigorosa nel terzo trimestre 2017) e dell’inflazione (che, invece, ha riservato una sorpresa negativa attestandosi allo 0,9% a ottobre dopo l’1,1% di settembre).

Ebbene, nè gli istituti nazionali di statistica né le organizzazioni internazionali e nemmeno le banche centrali sembrano avere una risposta definitiva.

Alcuni fattori, però, sembrerebbero avere una certa influenza sulla dinamica dei prezzi al consumo. In primis, i fattori ciclici, in particolare il continuo miglioramento del mercato del lavoro, dovrebbero finire col sostenere l’inflazione.

È però anche vero che, le tendenze osservate sul mercato del lavoro (aumento del lavoro part-time e, in alcuni Paesi, calo del tasso di partecipazione), farebbero pensare ad un effetto ritardato: infatti, il livello di disoccupazione al quale viene esercitata una pressione rialzista sui salari sembra essere più basso che in passato.

Stesso discorso per l’aumento delle retribuzioni. I cambiamenti strutturali sul mercato del lavoro (la transizione dall’industria al terziario, il rallentamento degli aumenti di produttività e riforme più favorevoli ai datori di lavoro che non ai dipendenti), fanno ritenere probabile che l’eventuale accelerazione dei salari si rivelerà di portata limitata.

Infine, ma non meno importanti, altri fattori strutturali connessi meno direttamente al mercato del lavoro (nuovi trend tecnologici e legislativi che consentiranno ai clienti di essere meno vincolati ai loro fornitori): nel loro insieme si presume che possano esercitare un effetto disinflazionistico duraturo o addirittura crescente.

“Nonostante le sorprese ribassiste di quest’anno, continuiamo a ritenere che l’inflazione seguirà un andamento rialzista nei prossimi trimestri in vista del rapido miglioramento del mercato del lavoro, visto che il tasso di disoccupazione nella zona Euro, di poco inferiore al 9%, è ora prossimo alla sua media a lungo termine. Tuttavia, la pendenza dovrebbe essere molto moderata”, spiegano i professionisti di Amundi, secondo i quali, sebbene il tasso di crescita sia stato rivisto al ribasso (1,5%) di recente, l’outlook della BCE per il 2019 potrebbe essere ancora troppo elevato.

“La prospettiva di riuscire a raggiungere l’obiettivo della BCE (“inferiore, ma vicino al 2%”) durante questo ciclo economico senza il contributo delle componenti volatili appare ora più incerta che mai”, puntualizzano gli esperti di Amundi che alla luce anche di questa considerazioni continuano a essere convinti che i tassi a lungo termine saliranno nei prossimi trimestri, vista la riduzione degli acquisti di attività da parte della BCE e il miglioramento delle prospettive economiche.

“La curva dei tassi dovrebbe irripidirsi un po’ in Europa, mentre dovrebbe continuare ad appiattirsi negli USA, dove prosegue il ciclo di rialzo del costo del denaro”, puntualizzano i professionisti di Amundi che, passando alle obbligazioni societarie, rilevano un apprezzamento da parte dei mercati del credito per le ultime mosse riguardanti la politica monetaria.

“Nel 2018 gli acquisti della BCE continueranno a sostenere i mercati del credito denominati in euro. La BCE mantiene comunque un certo margine di manovra per l’acquisto di obbligazioni societarie. Anche la nomina di Powell è stato un fattore che ha rassicurato i mercati”, concludono i professionisti di Amundi.
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