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La posta in gioco per il 2018: prepararsi alla prossima crisi finanziaria

Fra gli scenari più probabili, maggiore volatilità e frequenti sbalzi di umore dei mercati: il rischio di una crisi finanziaria.

26 Aprile 2018 07:50
financialounge -  Amundi crisi finanziaria mercati azionari Philippe Ithurbide QE tassi di interesse

Dai rendimenti del mercato obbligazionario che restano eccessivamente bassi, alla bolla del credito in Cina. Dalle valutazione tirate di alcuni mercati azionari ai possibili difetti di comunicazione delle politiche monetarie da parte delle banche centrali. Da un’improvvisa ripresa delle aspettative d’inflazione alla possibile escalation di una guerra commerciale su scala globale. Sono tanti i fattori che potrebbero scatenare una crisi finanziaria attraverso il repricing dei premi per il rischio. Senza trascurare altri fattori tecnici che potrebbero accelerare lo sviluppo di una crisi a cominciare dalla ridotta liquidità dei mercati obbligazionari, e alla eccessiva concentrazione delle posizioni nei portafoglio degli investitori.

PREPARARSI ALLA PROSSIMA CRISI


“Lo scenario che ci appare più probabile per il 2018 non è tanto uno scenario di crisi, quanto di maggior nervosismo” puntualizza Philippe Ithurbide, Global Head of Research di Amundi alla luce di una evoluzione del contesto di mercato. La posta in gioco per il 2018 per Philippe Ithurbide è chiara: prepararsi alla prossima crisi finanziaria. Che non vuol dire che la probabilità che questa sia imminente sia alta ma che gli investitori devono essere consapevoli che può materializzarsi in modo improvviso e che, di conseguenza, è bene essere consapevoli dei pericoli a cui si va incontro. Precisato questo, Philippe Ithurbide delinea tre possibili scenari.

FREQUENTI SBALZI DI UMORE SUI MERCATI


Lo senario con la maggiore probabilità (75%) è quello in cui la volatilità sarà su livelli superiori rispetto al recente passato, con frequenti sbalzi d’umore dei mercati finanziari. Sebbene sia difficile prevedere se ci sarà una crisi finanziaria di grandi dimensioni come quella del 2000 o del 2008, emergono alcuni fattori rassicuranti. In primis le banche risultano adesso ben capitalizzate, con un livello di leva finanziaria ragionevole e con ricavi più stabili. In secondo luogo la situazione macroeconomica appare ancora favorevole con un’inflazione moderata che sembra non dare segnali di preoccupazione.

TASSO DI INTERESSE NEUTRALE PIU’ BASSO


D’altra parte le economie mostrano una minore sensibilità ai prezzi al consumo. Inoltre, il tasso di interesse “neutrale” (cioè al netto dell’inflazione) più basso che in passato dovrebbe significare che è più facile riassorbire il gap rispetto all’attuale livello dei tassi. Infine, non meno importante, le banche centrali sono ritenute dagli operatori di mercato ancora credibili, prevedibili, con una buona capacità di comunicazione.

I FATTORI CHE GIOCANO A SFAVORE


“Tuttavia, altri fattori giocano a sfavore” sottolinea Philippe Ithurbide, il cui riferimento è alla fine delle politiche monetarie che hanno spinto i tassi a zero e sotto zero, al fatto che il grande periodo di disinflazione sia alle spalle e che i programmi di QE stiano per esaurirsi.

IL 'REPRICING' DEI PREMI DEL RISCHIO


“Tutto ciò significa che il ‘repricing’ dei premi per il rischio porterà inevitabilmente a periodi di maggior volatilità, con un rialzo dei tassi a breve e a lungo termine, con un ampliamento degli spread creditizi e senza dubbio shock ripetuti sui mercati azionari” sostiene Philippe Ithurbide. Il manager attribuisce invece un 15% di probabilità al secondo scenario, quello con un anno di una forte crisi finanziaria, che, tuttavia, non è lo scenario centrale per Amundi.

SCARSA LIQUIDITA’ SUI MERCATI


Ma, nel caso dovesse materializzarsi, altri due fattori concorrerebbero a peggiorare il contesto: la scarsa liquidità dei mercati e il posizionamento simile di molti portafogli. Inoltre le politiche monetarie nei Paesi più avanzati non sarebbero in grado di sostenere le economie e i mercati finanziari nel caso di una nuova crisi financiaria, a meno che non tornassero a varare nuovi programmi di QE.

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Il terzo e ultimo scenario è quello che vede un altro anno di “grande moderazione” con volatilità ridotta, stabilità della crescita e dei prezzi al consumo, inflazione e tassi di interessi contenuti. Uno scenario, al quale Philippe Ithurbide attribuisce un 10% di probabilità, difficile infatti da realizzarsi dal momento che la situazione economica sta cambiando velocemente. “Gli output gap (i differenziali tra crescita effettiva e crescita potenziale) si riassorbiranno nei prossimi mesi, i tassi di disoccupazione ritorneranno ai livelli strutturali. Tutto ciò per dire che la crescita dovrebbe rallentare e che i rischi d’inflazione, anche se moderati, sono evidenti” rivela Philippe Ithurbide convinto che la situazione che verrà a delinearsi agevolerà le banche centrali (a cominciare dalla Federal Reserve americana) nel continuare a ricostruire lo spazio di manovra.
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